Pòch a pòch s’èn fa un bel tòc

24.12.2018

Un giovane trasformato in un fiore beve la birra da un boccale, seduto su un sacco di cereali. A lato un proverbio valtellinese " Pòch a pòch s'èn fa un bel tòc." Si presenta così l'etichetta della birra Nìgula, una Golden Ale chiara dal colore giallo paglierino con profumi agrumati ed erbacei che le danno un gusto unico. Poi, continuando a leggere l'etichetta, si scopre che dietro la bottiglia c'è un ambiente di lavoro protetto e stimolante per tirocini e per inserimenti lavorativi di giovani con diverse abilità. 

Siamo a Chiuro, nel cuore della Valtellina, vicino a importanti e storiche cantine vinicole. Qui, sorge Pintalpina, un birrificio particolare, dove la socialità e solidarietà si sposano con le spumeggianti birre nate dall'esperienza e professionalità di persone speciali.

Perché Pintalpina, prima di essere un birrificio è un progetto educativo, dedicato all'inserimento lavorativo di giovani con disabilità, cercando di valorizzarne le abilità e inserendoli nell' attività di produzione e di confezionamento.

"Siamo nati" mi racconta il presidente Simone Pancotti "da un'idea dell'Associazione Prometeo-Onlus, che già da parecchi anni lavora a favore di persone diversamente abili. Un gruppo di educatori ed amici che decide di unire le proprie forze e competenze professionali con il desiderio di realizzare un progetto per offrire a giovani con disabilità cognitiva un ambiente di lavoro protetto e la possibilità di un percorso di crescita dell'autonomia personale. Abbiamo analizzato vari contesti, l'apicoltura, la frutticoltura, ma poi la scelta è caduta sul birrificio perché consente un lavoro continuativo per tutto l'anno e una certa ciclicità e ripetitività (cotta, imbottigliamento, etichettatura, imballaggio, vendita…)

Per noi era importante creare un'attività che ci permettesse di operare secondo le nostre linee educative pedagogiche. L'idea era poi di staccarsi completamente dall'ente pubblico, da situazioni di appalti, convenzioni e creare un'attività che attraverso il suo fare diventasse sostenibile e rispettasse le logiche educative che avevamo in testa.

Così a marzo del 2014 abbiamo costituito la Cooperativa Sociale "Elianto" di tipo B e siamo partiti con il progetto reso possibile grazie ai finanziamenti della Fondazione CARIPLO, della Fondazione ProValtellina, del BIM e dell'associazione Prometeo-Onlus."

Mi racconta il lavoro di coinvolgimento di altre persone, soprattutto dell'amico Mattia Monetti, mastro birraio con 10 anni di esperienza, che dopo la prima birra, la Nìgula, è riuscito lentamente a crearne altre sei ed è sempre alla ricerca di nuove idee come la birra con l'aggiunta del mosto d'uva o la birra prodotta con il pane non più utilizzato. Un lungo lavoro di sperimentazioni, di impegno, di sacrifici, di ricerca di finanziamenti che hanno permesso la creazione di un' attività con l' assunzione di quattro persone, di cui due diversamente abili, e a seguire diversi tirocini di altri ragazzi che hanno trovato l'occasione per essere stimolati all'autonomia, a diventare responsabili.

"Ma ovviamente ," continua Simone " il numero delle ore di lavoro e tirocinio che riusciamo a costruire dipende dai ricavi commerciali. Noi qua abbiamo un' educatrice, una pedagogista, che segue i percossi dei ragazzi. È importante l'area commerciale, ma soprattutto quella sociale, le due cose devono andare di pari passo per recuperare la sostenibilità, per pagare le spese ma anche il personale educativo che è quello che permette di garantire la bontà del progetto. E tutto questo è possibile grazie anche al volontariato di diverse persone e alla produzione di 400 ettolitri di birra che produciamo annualmente con l'obbiettivo di crescere ancora per aumentare le ore da dedicare ai ragazzi. Una crescita lenta, secondo le nostre possibilità, senza mai dimenticare il proverbio che abbiamo scritto sull'etichetta della nostra prima birra creata: Pòch a pòch s'èn fa un bel tòc".

Nelle parole di Simone si sente la voglia, la determinazione di migliorare, di crescere e così mi racconta con soddisfazione del bando Cariplo appena vinto che porterà nelle casse della cooperativa un nuovo contributo che verrà utilizzato per l'acquisto di nuove macchine, per ottimizzare gli spazi, per migliorare la qualità del prodotto, le condizione lavorative e per realizzare uno spazio esterno, leggero, aperto alcuni giorni alla settimana per le degustazione, con lo scopo di creare nuove opportunità di lavoro per alcuni ragazzi, ma anche per migliorare le caratteristiche della commercializzazione con un margine è più alto .

Dopo una interessante spiegazione di tutto il processo produttivo, Simone mi accompagna nel locale del confezionamento dove i ragazzi stanno operando nella fase di etichettatura delle bottiglie. Mi mostra il particolare di due etichette che nello spazio dedicato alla specifica della scadenza sono differenti per permettere ai ragazzi con competenze e abilità divere di poter comunque eseguire il lavoro di completamento. Chi non riesce a scrivere in uno spazio piccolino può arrivare allo stesso risultato centrando con un puntino in una casella nella tabella valorizzando così le capacità di ognuno. 

Poi inizia a raccontarmi le birre Pintalpina, le creazioni dell'estroso mastro Mattia: Sbrega, Witela, Cales, Sumartì e Rugen .Nomi dialettali scelti per cercare un legame con il territorio, con la cultura della Valtellina. Etichette simpatiche dove c'è sempre il fiore, un elianto che richiama il nome della cooperativa, come protagonista di una situazione che vuole caratterizzare la birra.

Nìgula, perché leggera come una nuvola, ma Nigula è anche una frazione piccola della zona. Sbrega, monello, dispettoso, birra estremamente luppolata quasi come se qualcuno avesse fatto uno scherzo e allora l' Elianto gioca a rompere le bottiglie con i sassi. "Witela" mi dice Simone ancora divertito di quella ricerca " una Witbiere, cercavamo il nome che richiamasse la tipologia, cosi abbiamo iniziato con Wit, WIs, da lì Witela, eccola qui."

E poi ci sono le birre più legate al territorio, come la Summartì, una birra prodotta con una percentuale di segale autoctona valtellinese il cui nome deriva da un detto contadino che consiglia di seminare in autunno la segale entro il giorno di San Martino per sperare in un buon raccolto l'estate successiva. E nell'etichetta l' Elianto si veste da contadino che lavora un campo dove è stata seminata la segale. O ancora la Càles una birra stagionale, nata dalla collaborazione con l'azienda Vinicola Folini, che fornisce un mosto d'uva derivante da un Nebbiolo della Valgella da aggiungere durante la fermentazione . Una birra fresca e fruttata con aromi e profumi d'uva e frutta rossa. Sempre legata al territorio la Murimani (lamponi in dialetto di Teglio). Qui, i lamponi dell'azienda Fendoni vengono aggiunti durante la fermentazione e regalano al prodotto un piacevolissimo profumo e aroma di lamponi. Bella l'etichetta dove il nostro Elianto è impegnato a raccogliere i lamponi, proprio nell'azienda agricola di Fendoni Patrik .

C'è poi il nuovo prodotto nel futuro di PIntalpina, una birra dove parte di cereali sarà sostituito dal pane non utilizzato. "Un progetto contro lo spreco, ovviamente una piccola produzione ma sicuramente importante come esempio di recupero. Siamo in contatto con una fondazione di Londra, che da tempo utilizza il pane invenduto nella produzione della birra." mi dice Simone " i dati sono incoraggianti. Si può riuscire a recuperare 30 chilogrammi di pane ogni 100 chili di malto."

E mentre mi racconta guarda con dolcezza e soddisfazione i suoi ragazzi che stanno lavorando, intenti nell' etichettare le bottiglie. L'etichetta viene posta delicatamente sul vetro, lentamente ma con precisione. Guardo anch'io i loro gesti attenti, responsabili, i loro sguardi esprimono soddisfazione nel vedere la bottiglia pronta per essere messa nella scatola e nei loro sguardi mi sembra di notare la voglia di trasmettermi la consapevolezza di essere stati protagonisti di un processo produttivo che è riuscito a valorizzare le loro competenze e abilità.

www.pintalpina.it