L' al peggio è al meglio (il ruolo delle donne in alpeggio) 

01.10.2021

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Hanno portato il loro sorriso, la loro passione, la loro voglia di raccontare, di dimostrare di essere protagoniste anche lassù, dove le vacche valtellinesi trovano l'erba fresca, l'aria frizzante, l'acqua pura. 

Una tavola rotonda interessante, "Il ruolo della donna in alpeggio" organizzata dal Consorzio Turistico Sondrio-Valmalenco, nell'ambito della 21° edizione della festa dell'Alpeggio, che ha permesso di sentire la voce delle protagoniste silenziose, di chi si trasferisce con tutta la famiglia negli alpeggi della nostra provincia.

Sono tre delle tante donne che hanno passato la propria estate in alpeggio, lontano dalla comodità delie loro case, dei loro paesi. E lì, sedute sul palco del cinema Bernina di Chiesa Valmalenco, senza timidezza, senza retorica hanno raccontato la loro esperienza di donne lavoratrici nelle terre alte, un tempo regno degli uomini.

Ma la storia ci racconta che le donne hanno sempre avuto un ruolo importante in agricoltura, quando gli uomini della famiglia andavano a lavorare oltre confine, quando i maschi attivi della famiglia dovevano servire la patria, e allora erano le donne che oltre a dedicarsi ai bambini, agli anziani, dovevano occuparsi dei lavori agricoli.

Le donne non andavano in alpeggio. Le stalle, erano piccole, con due o tre vacche che in estate venivano "date" ad un caricatore d'alpeggio. A casa se ne teneva una, per avere il latte per la famiglia e quello che non si consumava veniva trasformato in piccoli formaggi, scimudin, matusc, strachì. 

L'alpeggio era il regno degli uomini, del caricatore, poche volte accompagnato dalla moglie. Nei mesi primaverili c'era però la transumanza verso i maggenghi, e lì, nelle piccole baite, con stalla e fienile, le donne passavano diversi mesi con tutta la famiglia, con i figli piccoli, appena nati, dormendo nel fienile. Ma poi c'erano i campi, i pollai, l'orto i prati del maggengo e quelli sul fondo valle, il fare la foglia per la lettiera degli animali e  naturalmente la stalla con le due quotidiane mungiture, la lavorazione del latte.

Erano loro, le donne, le povere donne giovani e anziane, che dovevano occuparsi di tutto.

.Oggi le donne sono uscite dal loro ruolo marginale, sono diventate imprenditrici agricole, collaborano attivamente nell'azienda familiare, senza distinzione di ruoli, diventando anche titolari e protagoniste principali della storia dell'attività aziendale.

Un'imprenditorialità spesso giovanile, che nasce dalla decisione di dedicarsi all'agricoltura per passione, per continuare il lavoro dell'azienda familiare, magari dopo aver ottenuto il diploma di perito agrario, o addirittura la laurea in scienze agrarie. Scelta comunque fatta con la consapevolezza che questo lavoro particolare sarà sicuramente faticoso ma c'è il forte legame con la terra, con la natura. C'è la passione che fa dimenticare le difficoltà, che ti fa dimenticare l'isolamento sociale, le comodità della tua casa.

I dati degli ultimi anni lo dimostrano: l'incidenza delle imprese femminili in agricoltura è il 37% (contro il 22% regionale) e supera Turismo 34,84%, Istruzione 28,81%, Commercio 25,18%, Sanità e assistenza sociale 22,34%.

L'alpeggio per le donne, per le aziende familiari che si traferiscono in toto, che svuotano l'azienda del fondo valle, significa anche trasferire le cure per i propri figli che spesso arrivano in alpeggio ancora piccolissimi con pochi mesi di vita, e allora vuol dire trasferire i pannolini, i biberon, il latte in polvere, il trovare i momenti per le coccole, seguirli nei primi passi, seguirli nei primi anni della loro vita "...poi crescono anche lì," come racconta Silvia che ha portato suo figlio in alpeggio quando aveva 40 giorni, " adagio adagio partecipano alla vita lavorativa dell'alpeggio. Ma crescono con la capacità di adattarsi al cambiamento, alle scomodità, con l'amore per la natura, per la terra. La fortuna di vivere nei boschi, nei pascoli, di raggiungere le cime delle montagne. E tutto questo è positivo. Quando saranno grandi potranno fare altre scelte, ma in loro rimarrà sempre il richiamo della terra, l'amore per la natura."

Donne mogli, madri, spesso anche figlie di genitori anziani, che magari hanno bisogno di attenzioni particolari ma che non vogliono rinunciare a passare l'estate in alpeggio.

Anche per Ida c'è il forte legame con l'alpeggio. Lei ha fatto i primi passettini incerti nei pascoli di Campagneda, ha respirato la passione per questa vita diversa, in una famiglia numerosa. È cresciuta lì, ma è cresciuta anche dentro. Come i suoi sei fratelli, sempre presenti in alpeggio. Una famiglia unita, sempre in mezzo alle vacche nei pascoli dell'alta Valmalenco tutte le estati e oggi Ida non potrebbe fare a meno di ritornarci. Ringrazia i genitori perché l'hanno cresciuta anche in mezzo ai pascoli, a 2000 metri. Per lei l'alpeggio è tutto, ha imparato ad essere sempre positiva a trovare la positività anche nelle esperienze negative. Per lei "l'al peggio è al meglio."

Maria, il figlio in alpeggio a sei mesi, che dopo un anno ha percepito il ritorno nell' ambiente piacevole dei suoi primi mesi. "Mota" (Motta l'alpeggio della azienda famigliare) è una delle prime parole dette dal piccolo. 

Per la giovane Maria, la bellezza dell'alpeggio è trasferire la famiglia, lavorare tutti insieme in mezzo alla natura, nel bene e nel male "... quando c'è il sole cocente, ma anche quando la grandine ti picchia sulla testa... ma quando c'è la passione i rischi li prendi con la capacità di affrontarli... e non ti pesano."

Il convegno si è concluso con le richieste da parte delle tre "alpigiane" ai politici presenti, il presidente della comunità montana di Sondrio Tiziano Maffezzini, la consigliera regionale Simona Pedrazzi e Renata Petrella, presidente unione comuni della Valmalenco.

Richieste precise, dettagliate: elettrificazione di tutti gli alpeggi: miglioramento delle strade di accesso, connessioni ad internet, meno burocrazia, pulizia dei boschi, contributo maggiore a chi carica gli alpeggi e produce formaggio.

Tutte richieste legittime che potranno migliorare la qualità della vita di chi vive in alpeggio ma che sono necessarie anche per valorizzare i territori alpestri dal punto di vista turistico.

Gli alpeggi devono diventare sempre più mete dei turisti, a piedi, in bicicletta. Un turismo lento che però deve trovare non solo i pascoli, le vacche, ma anche una particolare accoglienza, la possibilità di bere un caffè, di mangiare anche solo un panino di formaggio di caricare la batteria della proprie e-bike, di poter comunicare con il cellulare...

E allora non possiamo che condividere le richieste delle imprenditrici agricole, perché turismo e agricoltura nelle terre alte deve diventare la nuova opportunità per i prossimi anni, per valorizzare il nostro territorio, il contatto con la natura, con la terra... con le cose buone.

Per ascoltare la tavola rotonda   clicca qui " il ruolo della donna in alpeggio