Alla ricerca dei sapori perduti: l'asparago di Vendolo

10.05.2018

Tra le notizie riguardanti l'enogastronomia valtellinese riportate sui libri dì storia, si trovano spesso delle curiosità interessanti relative a coltivazioni tipiche e famose di un particolare territorio come per esempio quelle degli asparagi a Vendolo, piccola frazione di Castione Andevenno.

"Il tipico abitato è adagiato sul pendio scosceso nel solco della valletta percorsa dal torrente Bocco, quieto nella normalità, impetuoso e torbido con le piogge violente. La località gode buon clima, in luogo riparato, luminoso, ben esposto e panoramico. Vendolo produce vino ed è noto per la coltivazione degli asparagi, gusto e sapore di tradizione, un tempo qui diffusi e rigogliosi nel clima mite. In tono minore è ancora rimasta questa tradizione gastronomica schietta, semplice e autonoma, associata alle uova di pollastre ruspanti. Cibo originato da una cucina contadina di cui non si conosce la firma, ma concepita da una collettività solerte e creativa, valtellinese."

Così' leggo sulla pagina "Gastronomia e prodotti rurali" del sito del comune di Castione Andevenno e allora eccomi pronto per un viaggio alla ricerca di questo sapore antico, per una passeggiata in bicicletta, per un lento pedalare tra i vigneti retici tra Ardenno e Castione.

Supero il viadotto del Tartano e per evitare la statale 38 entro nella piccola frazione di Pilasco e, attraversato un vecchio ponte in ferro sul Masino, arrivo ad Ardenno per seguire le precise indicazioni cartellonistiche "la strada del vino" che mi porteranno prima a Berbenno, poi a Postalesio attraverso una bellissima strada panoramica fino ad arrivare alla graziosa contrada di Vendolo. Un aggregato urbano con antichi edifici rurali circondato da vigneti, campi, prati e da giovani boschi che ormai nascondono i muretti a secco di una viticoltura  abbandonata. Proseguendo in mezzo all'abitato la strada si fa stretta e si fa sempre più vicino il rumore del torrente che scorre in mezzo a una valle. 

Mi fermo davanti ad una grande costruzione, "Bar -ristorante". Vista l'ora, 12,30, penso ad uno spuntino. L'accoglienza di Monica e del marito Massimo è piacevolissima e mi fa subito dimenticare l'impressione disarmonica della struttura esterna. Seduto al tavolo leggo il menu, un intreccio tra cucina valtellinese e piatti inusuali a base di carne: tagliate di Angus proveniente da diversi paesi, Irlanda, Argentina, Uruguay, Scozia, Australia, e altre carni, Pichana, Tomohawk, Wagyu. Scelgo tra i primi un piatto di trofie di castagne e speck accompagnato da una birra belga scelta tra le tante proposte  di vini e birre presenti sulla carta.

Mentre aspetto mi guardo in giro e osservo i piatti serviti ad altri clienti. Piatti fumanti di pizzoccheri, di sciat, abbondanti piatti di affettati misti, gli zigeuner, tutti piatti molto invitanti, ma mi soffermo soprattutto ad osservare la preparazione del servizio della carne. Nella parte più esterna del piatto vengono depositati piccole dosi di sali diversi, provenienti da tutto il mondo, da abbinare alle succulente carni presenti in un altro piatto.

Monica mi porta le mie trofie e vista la sua disponibilità e gentilezza mi permetto di chiedere informazione sugli asparagi, perché pur ammirando le varie carni provenienti da diversi parti del modo servite ai tavoli vicini, non posso dimenticare il motivo della mia presenza in questo luogo. Monica mi guarda. Sorride. "Ieri li abbiamo preparati, non li abbiamo nel menu. li prepariamo solo su ordinazioni. Perché non sempre la produzione del mio orto mi permette di avene grandi quantità e mi piace cucinarli appena colti e soprattutto solo i mie."

"il suo orto?" chiedo.

"Sì, noi continuiamo la tradizione della nostra zona, abbiamo diversi terreni dove abbiamo messo gli asparagi, circa 2000 metri, e nel mese di aprile e maggio li proponiamo ai nostri clienti solo su prenotazione."

Le chiedo se è disponibile ad approfondire il discorso e lei gentilmente mi dice che  se posso aspettare,  alla fine del servizio sarà  anche disponibile ad accompagnarmi nel suo orto. Termino le ottime trofie dall'antico sapore di castagne e la birra belga, pago il conto assolutamente onesto e riprendo la bicicletta. Devo aspettare circa un'oretta e decido di continuare la strada verso est, in mezzo ai vigneti per raggiungere Castione Andevenno, da poco tempo entrato a far parte della rete delle Città del Vino. Attraverso il centro del paese, mi fermo per meglio ammirare il panorama del fondovalle.

Ricordo di aver mangiato in una trattoria, che non ritrovo, un'altra antica ricetta del posto: i fùgasciun. Lasagnette di farina di grano saraceno, di frumento e di segale, larghe circa un centimetro, cotte in acqua con patate e verze, condite con burro e formaggio giovane tagliato a fette, servite in una parte del brodo di cottura.

Di Castione poi ricordo di aver letto che nell' Ottocento veniva definito "giardino di Valtellina", per la favorevole insolazione e il clima particolarmente stabile e mite che permetteva non solo la coltivazione della vite per la produzione "di saporosi vini", ma anche palme, ulivi e "polposi fichi".

E tra prati e vigneti eccomi di ritorno a Vendolo. Monica mi parla del suo ristorante nato più di cento anni fa, un tempo circolo, poi pensione, sala da ballo, bocciodromo. Mentre camminiamo verso il suo orto mi racconta del torrente Bosco le cui abbondanti acque venivano, nei primi anni del 1900, sfruttate anche da una piccola centralina per la produzione di energia elettrica. Ma ancor prima, a metà dell'ottocento grazie alla presenza di uno scorrere costante delle acque del Bosco la frazione di Vendolo era animata da diverse attività artigianali, derivanti da sei mulini, una pila e una fucina per la lavorazione del ferro."

Si ferma davanti ad un'abitazione, poi con in mano una  chiave, si avvicina ad una costruzione sapientemente ristrutturata. "dei sei mulini è rimasto questo" mi dice "il mulino de la Rusìna restaurato dal Comune di Castione Andevenno e della Comunità Montana Valtellina di Sondrio", permettendomi così una vista ad una struttura che grazie al restauro riesce a testimoniare l'importanza dello sfruttamento dell'acqua nell'antica attività della comunità.

Entrando infatti è possibile vedere due pesanti macine in pietra con grandi tramogge sospese e lunghi setacci rotanti rivestiti da tela o rete più o meno fitta che suddividevano la farina per finezza, la separavano dalla crusca e cadevano nel cassone. Interessante la pila, a doppio mortaio, con pistoni verticali che ricadendo in due incavi praticati in una grossa pietra permettevano la pulitura di cereali quali orzo e miglio ma anche delle castagne secche.

Ed ecco, dopo in centinaio di metri, gli asparagi, grossi turioni che spuntano dal terreno, bianchi alla radice, verdi con sfumature violacee in punta "In questo momento ce ne sono pochi, ne ho raccolti tanti ieri. Un tempo in questi campi diverse famiglie li tenevano, crescevano abbondanti e rigogliosi per il clima mite della zona, anche se la coltivazione è abbastanza laboriosa, perché occorre creare l'asparagiaia, profonda almeno trenta centimetri con terreno soffice e letame, mettere le zampe ed aspettare tre anni per avere la produzione. Un tempo venivano coltivati,anche tra i filari della vite per risparmiare  terreno 

 come altre verdure. Noi continuiamo a coltivarli perché ci piace perpetuare questa tradizione gastronomica. Li prepariamo lessati e poi con il riso, non con il risotto, ma il classico riso alla contadina, condito con il formaggio e il burro fuso. Oppure sempre lessati, stesi sul piatto, ricoperti di formaggio grattugiato e annaffiati con il burro dorato, o ancora, con l'aggiunta di un paio di uova in cereghin."  Ritorniamo verso il ristorante e ovviamente prima di riprendere la bicicletta, concordo la data per una serata a base di asparagi.

E vi posso assicurare che due sere dopo in quel riso con gli asparagi e soprattutto negli asparagi con formaggio grattugiato e burro dorato (ho evitato l'uovo in cereghin per meglio apprezzare il gusto della verdura) ho ritrovato  i sapori di un tempo.

Ristorante La Cascata

Via Vendolo 4 23012 Castione Andevenno (SO)

tel. 0342 35807

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