Arnaldo, il Pastore vagante

08.04.2000

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01.05.2022 

A chi non è capitato, girando nelle varie regioni italiane, di doversi fermare perché ha trovato la strada occupata da un gregge di pecore che si muove lentamente. Impazienti di ripartire, abbiamo osservato con pena, con sopportazione e magari con un po'di cattiveria i pastori pensierosi, attenti, protettivi, che ci guardano cercando di giustificare con lo sguardo la loro scelta di vita, la loro passione per una professione che lentamente sta scomparendo.

E poi abbiamo guardato i cani, anche loro agitati ma protettivi, attenti ai movimenti del loro gregge consapevoli del pericolo delle auto in attesa. Eppure la transumanza, detta anche pascolo vagante, è una pagina di storia che non può essere dimenticata, e soprattutto tutti dobbiamo avere grande rispetto per chi continua una professione così importante per la salvaguardia del nostro territorio.

La transumanza, detta anche pascolo vagante, è una pagina di storia importante che nel dicembre 2019 è stata proclamata dall'UNESCO patrimonio culturale immateriale dell'umanità, riconoscendone l'importanza storica e culturale "... la pratica della transumanza, rispettosa del benessere animale e dei ritmi delle stagioni, è un esempio straordinario di approccio sostenibile per affrontare le sfide poste dalla rapida urbanizzazione e dalla globalizzazione e ha contribuito in modo significativo a modellare il paesaggio naturalistico..." .

Un mestiere antico che riesce ancora a dare soddisfazioni anche economiche a chi lo perpetua, magari in un modo nuovo, più manageriale.

Perché oggi i pastori vaganti non sono sicuramente i sopravvissuti di un'antica tradizione, non appartengono più a storie di povertà, di lavoro marginale. Oggi il pastore, con il suo capitale animale vivo è un imprenditore capace di gestire il suo gregge dal punto di vista commerciale, sanitario, normativo e soprattutto capace di creare tutti i presupposti necessari per il benessere dei suoi animali  che proprio nel pascolo trovano l'habitat  ideale per il loro sostentamento.

In Lombardia, la transumanza di ovini con i pastori vaganti ha ancora numericamente un'importanza significativa con circa 60.000 capi allevati in 1500 allevamenti vaganti.

Così ho voluto ascoltare la voce di uno di loro, un pastore che da 30 anni dedica la sua vita a questo antico mestiere.

 Arnaldo Beccalli 61 anni, brianzolo, uomo robusto ma distinto anche nell'abbigliamento, capelli corti, barba rasata, abbronzato, sguardo intelligente. mani forti, parlantina facile, italiano corretto, ricco di conoscenze, di saperi, di esperienza derivanti da trent'anni di lavoro di pastorizia vagante. di fatica, di sacrifici.

E quello che ti colpisce di quest'uomo sono i suoi occhi, vigili, anche quando ti parla, sempre attenti a quello che succede all'interno del suo gregge di 1400 capi oggi pascolanti in un terreno nel comune di Inverigo.

"Sono nato nel 1961" comincia a raccontarmi "da una famiglia contadina a tempo perso, padre tessitore, madre contadina. quattro fratelli, tutti maschi e già a 7 anni aiutavo nelle semplici attività che un bambino riesce a fare: curare le mucche. Bisognava stare molto attenti, il pascolo era regolamentato dai confini e l'attenzione era massima perché il bestiame non doveva assolutamente sconfinare nelle proprietà altrui. Ma anche altri lavori, pulizia della stalla, portare l'acqua, andare a tagliare l'erba. Un impegno che mi ha rubato l'infanzia fino a 12 /13 anni quando abbiamo cambiato casa e non ci hanno più permesso di costruire la stalla. Abbiamo venduto tutti gli animali, a 16 anni ho cominciato a lavorare in fabbrica., ma la passione per gli animali non l'avevo persa. Mio padre mi ha comprato quattro pecore gravide alla fiera di Oggiono, hanno partorito, sono diventate 8, e adagio adagio sono aumentate.

Agricoltore par time con lavoro in fabbrica... ma le passioni non muoiono. Erano gli anni che si cominciava ad usare i recinti elettrici, che ti permettevano di gestire meglio gli animali, lasciandoti più tempo e così adagio adagio sono arrivato ad avere 350 capi. Nel 1995, dopo 18 anni di fabbrica, ho deciso di dedicarmi alla pastorizia a tempo pieno, abbandonando il posto sicuro.

Cominciavano ad arrivare in Italia i mussulmani e si iniziava a vendere bene la carne, i prezzi adagio adagio sono aumentati, permettendo di avere una discreta resa. Oggi mi ritengo soddisfatto, è un lavoro che mi piace, anche se faticoso, con grossi sacrifici, nessuna tregua. Sono riuscito ad avere ottimi animali, ho curato la selezione, se vuoi vendere bene devi avere animali sani, per me il benessere dell'animale è fondamentale."

Poi continua a raccontarmi del suo lavoro, un ininterrotto spostarsi, la ricerca di terreni, le concessioni, spesso ottenute facilmente, altre volte meno, gli spostamenti lungo le strade con gli autocarri, ma anche a piedi ed allora bisogna stare attenti, alle rotonde con i fiori, ai giardini, occorre pulire i marciapiedi.

Una vita difficile ma lui è sempre vicino al suo gregge, dormendo in un furgoncino, perché gli animali vanno controllati, guardati con attenzione. Lui li conosce tutti, diversi li riconosce dalla coda. Quando è il periodo dei parti è importante controllare gli agnelli appena nati, verificare che le madri allattino il proprio nato utilizzando numeri e segni convenzionali che identificano l'appartenenza dell'agnellino alla sua mamma.

Ma poi un controllo su tutti i capi, l'occhio sempre vigile per verificare il benessere di tutti gli animali ed intervenire se ci sono problemi. Perché se gli animali stanno bene anche la carne è buona, gli agnelli hanno la forza per andare in montagna. "... e allora li osservi, guardi se crescono, se mangiano, guardi la lana che è un indice importante, se la lana l'è bela dulsa vuol dire che l'animale sta bene..." e mi mostra una pecora con un bel vello, che beatamente sta brucando.

Già, l'occhio vigile, Arnaldo tace per alcuni secondi, ha adocchiato una pecora, entra nel gregge, la isola, la prende, mi mostra l'occhio leggermente bianco, mi spiega che è una malattie dovuta alle mosche, e allora pulisce l'occhio con un prodotto disinfettante, subito dopo un'iniezione, un segno sul dorso per ricordarsi che è già stata curata, un pacca sulla schiena e continua a raccontarmi dell'importanza di alcune scelte per avere una gestione ottimale del gregge: la scelta della profilassi per le malattie parassitarie, la scelta degli animali da mandare alla macellazione, la scelta di quelli da tenere per la riproduzione, la scelta di acquistare magari una ventina di giorni di pascolo in un prato con erba fresca.

C'è la quotidiana recinzione degli spazi per il pascolo, la scelta di quelli per la notte e poi c'è la tosatura, due volte all'anno, anche se ne basterebbe una, ma Arnaldo preferisce farne due, ancora una scelta per migliorare il benessere dell'animale.

La tosatura viene fatta da una squadra di professionisti, una decina di tosatori che in una giornata riescono a tosare 200 pecore a testa. C'è tutto un procedimento particolare, studiato per evitare di tirare gli animali. Si creano dei box che terminano con un corridoio stretto dove le pecore non hanno più spazio per scappare, vengono prese dal dietro dal tosatore che inizia subito il lavoro di tosatura. 

In poco tempo montagne di lana si formano, circa un kg per pecora che oggi purtroppo non ha più valore, anzi viene considerato come rifiuto speciale con destinazione in Sicilia per l'imballaggio e poi in Belgio dove viene trasformata in materiale di coibentazione per l'edilizia.

Dopo la tosatura, e prima di iniziare il viaggio verso gli alpeggi c'è la visita dei veterinari per il censimento di tutti gli animali con l'inserimento di tutti i nuovi nati, per i prelievi del sangue per verificare l'eventuale positività della brucellosi, perché tutti gli animali devono essere indenni, certificazioni obbligatorie anche per i greggi vaganti.

E poi si parte per la montagna, quattro mesi tra gli alpeggi della Valsassina, della Valvarrone al confine con la Valgerola.

Altri territori dove la presenza delle pecore è sempre più importante, per il mantenimento dell'alpeggio. Nuovi incontri, nuovi rapporti con i caricatori degli alpeggi che da alcuni anni hanno capito l'importanza del pascolo vagante, ma forse una vita più dura, più faticosa, magari si dorme sotto un sasso mancando spesso le baite o le strade e quindi  luoghi non raggiungibili con quei mezzi che hanno migliorato la qualità della vita dei pastori.

Ma Arnaldo mi sorride, "è la mia passione, la mia vita, io sono soddisfatto, mi piace..." e dietro quel sorriso c'è un uomo che ha nel cuore i suoi animali, che è riuscito a leggere i mutamenti del tempo e che riesce a capire l'umore e la salute dei suoi animali ma che soprattutto partecipa attivamente alla salvaguardia de nostro territorio, a renderlo più accogliente e vivibile.