Da meccanico a mastro birraio

01.12.2023

È stata una delle prime birre artigianali d'Italia ed è nata Bormio nel 2000, un territorio circondato dalle bellissime montagne del parco dello Stelvio da dove sgorga una purissima acqua, l'ingrediente fondamentale per la produzione della birra. Ovviamente si chiamava Birra Stelvio. Una birra lager a bassa fermentazione, fresca, pulita.

Una felice intuizione dei fratelli Tarantola, proprietari della Braulio, che dopo un lungo periodo di continua crescita durata 17 anni sospendono la produzione. Nel 2019 un giovane di Valdisotto, amante del territorio e soprattutto delle cose buone del territorio, riprende in mano il progetto per realizzare un nuovo birrificio con l'obiettivo di rimettere in piedi il famoso marchio e recuperare la produzione. Così finalmente dopo 3 anni di preparazione, rinasce la Birra Stelvio nel Birrificio Reit, sempre a Bormio, a pochi passi dal vecchio stabilimento. Una storia di imprenditorialità giovanile, di passione, di caparbietà di un ventinovenne di Valdisotto che merita di essere raccontata.

Lui è Claudio Demonti,  29 anni, un giovane con le idee chiare, una buona conoscenza della cultura brassicola e la voglia di realizzare la sua birra. Una passione che nasce dopo una serie di lavori diversi, quasi per caso. Dopo l'obbligo scolastico inizia subito a lavorare come manovale nell'edilizia (la scuola non è sua amica), seguono alcuni anni in un'officina meccanica per apprendere le prime competenze di un mestiere che gli è sempre piaciuto. .

Una grossa opportunità lo porta in Norvegia  per due anni e mezzo.come meccanico oleodinamico nel settore tunnel, poi in Trentino, nel cantiere del tunnel del Brennero sempre nel settore meccanico, "… ho imparato tanto, a leggere schemi, a interpretare disegni, a saldare tubi, montare valvole, pompe...Competenze che mi sono servite tantissimo nel montare questo impianto di produzione della birra." Mi dice mostrandomi con orgoglio le apparecchiature davanti a noi del Suo birrificio. 

Dopo l'esperienza del Brennero, torna a Bormio, con il desiderio di realizzare qualche cosa di diverso e durante il viaggio di ritorno da Vipiteno, dove ero stato per chiudere le pratiche burocratiche del licenziamento, si ferma alla Forst per uno spuntino ed una birra. 

E lì nasce l'idea: "perché noi dell'alta valle veniamo qui in Alto Adige a gustare la birra con i piatti della zona e non siamo capaci di farla?"

A Bormio si informa subito sulla birra Stelvio che non è più in produzione. "Per prima cosa sono andato dal signor Tarantola. Lui aveva cercato un giovane per poter continuare a produrre la sua birra, ma non l'aveva trovato. Mi sono offerto proponendo di rilanciare la produzione. Molto gentilmente Tarantola mi ha detto che mi avrebbe concesso l'utilizzazione del suo marchio a condizione che la produzione venisse fatta a Bormio. Così sono partito, ho frequentato un corso a Padova per un anno, ho ottenuto le certificazioni necessarie per aprire un birrificio, poi un tirocinio a Milano in un birrificio che lavora molto come Beerfirm producendo birre per altri. Un' esperienza formativa importante che mi ha arricchito molto soprattutto per la notevole diversità di birre prodotte."

La passione per l'arte brassicola aumenta con letture, scambi di idee con altri mastri birrai e il desiderio di riportare la birra Stelvio a Bormio si fa sempre più forte.

Il suo concetto di birra era ed è ancora moto semplice: "Una birra è una birra, quindi deve essere naturale, tradizionale, pulita, limpida, prodotta a bassa fermentazione e maturata a lungo. Una semplice birra che sa di birra, con un gusto classico realizzata semplicemente solo con i tre ingredienti base necessari per produrla." 

Ma per produrla ci vuole un impianto. Lui ha la possibilità di avere il marchio, le competenze e inizia la ricerca di un impianto, possibilmente usato visto i costi elevati delle attrezzature nuove. 

 "E la fortuna mi ha fatto trovare un impianto completo di un birrificio a Milano di seconda mano. 

Questo birrificio era stato realizzato nel 2007 e poi, dopo cinque anni, dismesso, smantellato e abbandonato in un capannone. Era stato smontato anche in modo brutale e quando l'ho visto mi sono un po' spaventato, sembrava un ammasso di rottami, pieno di polvere, tutto sporco, c'erano i serbatoi separati da tutte le tubazioni. Guardandolo bene ho capito che si poteva anche mettere a posto, a me interessavano le componenti poi tutto quello che c'era intorno si poteva sempre fare dopo. Con molto coraggio l'ho acquistato quasi a prezzo di rottame pur non certo del suo futuro funzionamento. L'ho portato a casa, ho cominciato a smontarlo, l'ho smontato completamente, ho recuperato tutti i tubi, ho passato più di un mese a tagliare tubi e curve, a modificare, a risaldare. 

Un lavoro lungo, la ricerca di soluzioni da solo per mancanza di possibile assistenza dall'azienda produttrice dell'impianto perché fallita, ma comunque alla fine è stato tutto montato. Quando abbiamo acceso la sala cottura sembrava funzionasse, ma subito è bruciato il computer che gestiva la produzione. Una macchina molto vecchia con un programma di gestione ormai introvabile. 

Inizio una ricerca, contattando i programmatori in Italia e all'estero ma tutti mi hanno risposto che ormai era fuori produzione da 10 anni e nessuno sapeva come ripararlo o perlomeno come recuperare i dati. Io conoscevo la logica di funzionamento e insieme a un amico programmatore abbiamo riscritto tutto il programma. “Dopo due mesi il PLC (Programmable Logic Controller) è pronto, un programmino semplice che ha ridato vita alla sala cotte. Iniziamo le prove di funzionamento, ancora qualche intoppo, necessità di alcune prove manuali" Si ferma, sorride raccontandomi di un termometro legato ad un asta immerso nell'acqua "Ma poi finalmente il giorno di S Valentino del 2023 la prima cotta." 

Saliamo alcuni gradini e lì in mezzo alle due caldaie di rame lucide mi spiega il lavoro fatto è il processo produttivo dalla cotta all'imbottigliamento. È un piacere ascoltarlo, un linguaggio tecnico. ma semplice che riesce a farmi capire che cosa è la sua birra, e soprattutto come gli ingredienti base si trasformano nel suo impianto, nel suo "gioiello" che ha costruito pezzo per pezzo con grande pazienza. "Oggi produciamo la Birra Stelvio, una lager a bassa fermentazione, e la linea REIT con una WEIZEN e una SESSION Ipa estiva. II nostro obiettivo oltre ovviamente mantenere e continuare la produzione della Birra Stelvio è anche quella di creare una linea di birre con cereali locali. Attualmente nella nostra WEIZEN aggiungiamo grano saraceno Valtellinese fornito dal molino Tudori di Teglio ma per Natale dovremmo mettere in commercio una nuova SCHWARZBIER con il grano siberiano "Tataricum" coltivato in loco. Il Fagopyrum tataricum rispetto al più noto grano saraceno cresce a quote più elevate (fino a 1600 metri di altitudine) e in terreni più difficili.

La sua presenza in Alta Valtellina risale alla seconda metà del 1700, quando fu portato a Bormio dall'Abate Ignazio Bardea. 

Questo grano è stato reintrodotto da SO.LA.RE.S. cooperativa sociale nell'abito del progetto TATARICUM, attraverso il recupero e la coltivazione di terreni abbandonati in Alta Valtellina  contribuendo al processo di tutela delle agrobiodiversità con metodi eco-sostenibili e realizzato dai soggetti provenienti dalle varie aree dello svantaggio e non, assunte in cooperativa o in convenzione con gli enti preposti. Il progetto è realizzato con il contributo di Fondazione Cariplo in partenariato con l'Università di Milano-Bicocca, la Fondazione Fojanini e Raetia Biodiversità Alpine che ha fornito le sementi autoctone.

"Ma poi c'è "continua" un altro progetto, il recupero di una varietà di segale che veniva coltivata a Bormio, un'altra sperimentazione per poi introdurla nella produzione di una nuova birra. Certo, sono consapevole della difficoltà di riportare questi cereali sul nostro territorio, i problemi dell'eccessivo frazionamento e la pendenza di terreni rendono difficile la meccanizzazione delle coltivazioni, ma credo che si possa provare e lentamente arrivare a rendere economicamente sostenibile anche la coltivazione e legare sempre più le nostre birre artigianali al territorio."

Si ferma, mi accompagna alla porta del Suo birrificio e prima di salutarmi:" Naturalmente per tutto questo lavoro devo ringraziare mio fratello e tutti gli amici che mi hanno supportato in questi ultimi anni, senza di loro tutto questo non sarebbe stato possibile."