I giovani valtellinesi riscoprono le capre

12.05.2023

L'allevamento della capra in Valtellina appartiene ad una storia antica, che merita di essere conosciuta anche dalle nuove generazioni perché ha rappresentato una triste pagina della nostra storia, un mondo agricolo marginale, ricco di sofferenze, di miseria, di dure necessità dove il piccolo ruminante rappresentava per le famiglie contadine l'unica risorsa per avere un po' di carne e di latte, quest'ultimo utilizzato non solo per produrre piccoli formaggi ma anche come alimento per i neonati perché più tollerato, più digeribile essendo più simile al latte materno. La capra-balia, così la chiamavano, diventava un componete della famiglia quando sostituiva con il suo latte quello delle madri che spesso "non avevano latte" a causa delle fatiche dei lunghi lavori nei campi.

La storia ci racconta che della capra poi si utilizzavano anche altre parti: le pelli per realizzare pellicciotti, tappeti o otri, lo stomaco per ricavare recipienti per liquidi, le corna trasformate in rudimentali strumenti musicali da utilizzarsi per richiamare il bestiame o comunicare con altri pastori. O ancora potevano diventare il contenitore che si appendeva alla cintura per la cote, la pietra utilizzata per affilare la falce. 

Una risorsa importante, una necessità, per la famiglia valtellinese ma ostacolata dagli amministratori territoriali che la consideravano un acerrimo nemico e imponevano limitazioni con l'obiettivo di salvaguardare il patrimonio boschivo. Le capre libere nei boschi rovinavano il sottobosco, mangiavano i giovani germogli delle piatine pronte a sostituire le sorelle più grandi. Sotto il dominio dei Grigioni non si permetteva per esempio l'allevamento di più di dieci capi per famiglia (statuti comunali di Grosio 1607) o più di sei capre da latte (Statuto di Brusio, 1740).

Una "guerra alle capre", che continuerà anche dopo durante il periodo Napoleonico con appositi "bandi" e un nuovo regolamento forestale dove si escludevano le capre da interi comuni, limitandole poi con gli Austriaci a 1-2 capi per quei nuclei familiari definiti "miserabili".

Una guerra e una diminuzione che continuerà anche nel secolo successivo. La politica di rimboschimento del ventennio fascista considerava  la capra un nemico pericoloso per una politica efficace della gestione forestale e così furono introdotte tasse sempre più onerose e sempre meno sostenibili per il possesso di capre 10 £ per 3 capre, 15 £ da 3 a 10 capi e 20 £ oltre 10.

Poi durante la seconda guerra mondiale e nell'immediato dopoguerra, l'allevamento caprino vede una leggera ripresa che si trasformerà in un nuovo crollo negli anni sessanta per il boom economico e l'esodo rurale.

Solo a metà degli anni settanta ci sarà un cambiamento con una graduale ripresa del numero di capi diventati utili per la pulizia dei boschi e per cercare di fermarne l'espansione involontaria. L'abbandono degli alpeggi più scomodi, ma soprattutto dei maggenghi  rimette al centro delle nostre montagne questi piccoli ruminanti con l'obiettivo di riportare in equilibrio il territorio montano. L'inizio del 21° secolo sarà accompagnato da un'ulteriore ripresa dovuta anche alla riscoperta della potenzialità come allevamento alternativo a quello bovino per superare le limitazioni delle quote latte. Nuovi aziende con allevamenti intensivi e semi intensivi, con ricovero del bestiame per quasi tutto l'anno, nuove razze, come la Saanen o la Camosciata molto più produttive e un mantenimento delle razze tradizionali sempre come l' Orobica e la Frisa.

Sono  anni di forte produzione di latte di capra con una produzione casearia diversificata a filiera corta ma anche con conferimento alla latteria di Delebio: 380.000 litri di latte nel 2022 derivanti da 1.080 capre da latte (dati ricavati dal sito della latteria comprensivi anche del prodotto conferito da fuori provincia).

Sono gli anni del successo delle mostre zootecniche dedicate alle capre, Gerola, Grosio, Talamona, Casargo. E proprio assistendo a queste esposizioni si può notare un nuovo interessante fenomeno: l'interessamento dei giovani di ambo i sessi all' allevamento caprino e il miglioramento qualitativo delle relative produzioni casearie.

Caprini freschi, caciotte, formaggi stagionati, da diversi anni sono presenti sul mercato soprattutto attraverso la vendita diretta in azienda. Formaggi piacevoli, presentati con cura, ma soprattutto con sapori e profumi delicati, smentendo il luogo comune dell'eccessiva persistenza odorosa dei formaggi caprini che ha sempre allontanato i prodotti caseari di questo piccolo ruminante dalla tavola dei consumatori italiani. 

Senza dimenticare le ricotte, latticini delicati e gradevoli per la loro cremosità e dolcezza poco considerate dal consumatore che invece per la loro versatilità e delicatezza potrebbero arricchire anche i menu della nostra ristorazione con proposte nuove: risotti, gnocchi, paste.

Un'arte casearia nuova, che ha abbandonato l'improvvisazione e ha ricercato un miglioramento tecnico, una maggior diversificazione e specializzazione. E poi c'è la  carne, non solo il capretto pasquale, ma anche i salumi, la carne fresca, magari macinata, adatta per preparare ottimi hamburger.

Penso ad una manifestazione ad hoc per riuscire a creare nuove occasioni commerciali, nuove sinergie con il mondo della ristorazione, con le scuole alberghiere, nuovi interessi per un prodotto che ha caratteristiche di maggior digeribilità e presenza di principi nutritivi diversi e più salutari dai formaggi vaccini. Una grande manifestazione gastronomica dedicata al settore caprino, con l'obiettivo di far conoscere un settore zootecnico minore, più sostenibile nell'allevamento, più salutare nel consumo, un settore con grosse potenzialità per rilanciare la montagna e renderla sempre più protagonista.

Il fascino della capra orobica

Luca Martinelli anni 27 e la sorella Elisa di 22 vivono a Talamona. nella contrada "Case Barri", dove vicinissimo all'abitazione hanno un piccolo allevamento con una trentina di capre di razza Orobica.

Talamona è un paese dove la tradizione agricola è sempre stata particolarmente radicata e dove la zootecnia part-time, con le piccole stalle dedicate alle vacche ormai scomparsa ,da diversi anni   è stata sostituita dalla zootecnia minore delle capre. Quasi cinquecento capi, in una ventina di aziende sparse sul territorio comunale dove ultimamente un gruppo di giovani allevatori riesce anche ad organizzare una mostra riservata a questo piccolo ruminante con una grande partecipazione di allevatori e di pubblico. Ma poi i giovani allevatori talamonesi li troviamo anche fra i premiati nelle mostre importanti come quella di Gerola o di Casargo.

Elisa e Luca mi aspettano nella loro stalla, circondati dal calore dei loro animali e subito mi mostrano con orgoglio le campionesse premiate negli ultimi giorni: premio per la regina della mostra e premio per la miglior mammella a Talamona il 25 aprile scorso e ancora, con un altro animale, premio per la miglior mammella a Gerola il 7 maggio.

Mi guardo in giro, una stalla rustica costruita in economia ma molto razionale; un lavoro eseguito da Luca che mi fa notare tutti gli accorgimenti studiati per aumentare il benessere degli animali: una stabulazione libera, con la possibilità da accedere al recinto esterno, acqua disponibile in qualsiasi momento, il letto pulito, con fieno e paglia, mangiatoie alte, un blocco di sale appeso sempre a disposizione, un muro in sasso non intonacato. E soprattutto la presenza dei due giovani che a turni giornalieri si dedicano agli animali. E guardando le capre che mi si avvicinano leccandomi gli abiti, ammirando la loro bellezza, il pelo lungo pulito, la tranquillità… l'attenzione ricevuta per il loro benessere, non posso che apprezzare  il buon lavoro eseguito da Luca e Elisa.

La giornata per loro inizia presto, alle cinque per Luca, che poi dovendo essere al lavoro alle 7 lascia il posto alla sorella che conclude i lavori non terminati dal fratello. Ma Elisa, prima di sedersi alla scrivania come segretaria di un notaio, ha ancora la necessita di trovare il tempo per accudire accudire ai suoi conigli e le sue galline.

La passione per le capre nasce da lontano, mi racconta Luca, da quando aveva 12 anni e d'estate faceva il cascin all' Alpe Cavizzola tra le capre orobiche e le vacche OB di Sassella Alfio. E lì incomincia a conoscere ed amare questi animali dal pelo lungo, fondamentali per la produzione dello storico Ribelle e ne subisce subito il fascino. A quattordici anni acquista il primo capretto, poi altri che alleva in una piccola stalla. Seguono stagioni in altri alpeggi, mentre frequenta l'istituto tecnico agrario, che abbandona al terzo anno. Lavora in Svizzera, sempre nel settore agricolo, in aziende in Valtellina, dove impara l'arte casearia e dove impara anche la difficile arte del mungere a mano. A 18 anni si lancia in una nuova avventura. Affitta una stalla e inizia una sua attività agricola, con una decina di mucche e naturalmente le capre Orobiche, il cui fascino è sempre rimasto nel suo cuore. Un' esperienza che si conclude dopo circa tre anni quando si accorge che economicamente non è sostenibile.

Oggi ha un lavoro fisso come magazziniere presso un'azienda alimentare, il suo orario di lavoro termina alle cinque permettendogli di dedicarsi alla sua passione.

"Una passione con tanti sacrifici," mi dice  "tante ore, sveglia presto alla mattina, la pulizia, la mungitura, la lavorazione del latte, la distribuzione alimentare, il riempimento dei recipienti per l'acqua, le cure sanitarie contro le pulci, i vermi, l'assistenza durante i parti di notte. D'estate le mando in alpeggio, si respira un po', c'è la fienagione, perché è importante riuscire a produrre tutto il fieno necessario, qualche lavoro di miglioramento della stalla e poi bisogna anche andare a trovarle in alpeggio… almeno una volta alla settimana" Ride quando Elisa interviene "anche di più, non resiste a non vederle…"

 "Magari poche soddisfazioni economiche" continua Luca "ma tante soddisfazioni nel vederle crescere, diventare sempre più belle, nell' essere riuscito in diversi anni a creare un allevamento selezionato, dove l'eleganza degli animali, la struttura, il pelo sono fondamentali nella scelta degli acquisti per migliorare la razza. È un lavoro difficile che necessita pazienza, osservazione, esperienza… saper scegliere il becco giusto, magari anche quando è ancora piccolo. Ma è un lavoro bello, che mi dà tante soddisfazioni e allora quando ti premiano, dimentichi i sacrifici. È un mondo particolare perché conosci altri allevatori, ti confronti, c'è una grande solidarietà tra gli allevatori dell'Orobica."

Elisa mi presenta alcuni animali, "questa ha quattordici anni, Luca si è affezionato, non è ancora riuscito a ucciderla."

Poi mi mostra Jolly "tre gemelli, tutti vivi, tutti sani," mi dice nascondendo l'emozione nel raccontarmi la notte del parto, quando ha chiamato il fratello al telefono per dire che erano nati due gemelli e poi dopo poco tempo lo ha richiamato per dire ce n'è un altro. Sarà dura macellare anche questa, perché poi ti affezioni, e ti dispiace trasformarle in salsicce."

Già tra le soddisfazioni c'è anche quella di vedere i capretti appena nati, sani e quando i parti sono gemellari la soddisfazione è sicuramente maggiore. Se poi sono tre…

Elisa accarezza la capra "pensa" mi dice "Jolly in tre anni ha partorito sette capretti. Un caso rarissimo."

La loquacità di Luca non si ferma, riprende a racconta la sua filosofia di stalla, il privilegiare l'utilizzazione del latte per l'alimentazione dei capretti, evitando l'utilizzi del latte in polvere, la scelta delle capre da macellare e di quelle da tenere per migliorare la selezione. Mi mostra il becco preferito, mi parla della ricerca di becchi anche giovani da allevare per la selezione che va a cercare anche in allevamenti lontani per migliorare la razza. Elisa lo guarda, con ammirazione, muovendo la testa per confermare la validità delle sue parole. È sicuramente contenta della sua determinazione, è contenta di lavorare con il fratellone, ma soprattutto di aver condiviso con lui l'amore per la capra orobica … perché al fascino della bella Orobica non si può resistere.