Il filo di lana di Pecora Ciuta racconta il territorio
In principio sono state le stelle alpine, simbolo delle Alpi dove le pecore hanno sempre trovato il loro habitat ideale. Poi i prodotti tipici della provincia di Sondrio simbolo di un territorio montano dove la pecora Ciuta ha sempre avuto un'importanza strategica.
Lei è Silvana Cerasa, veterinaria, in pensione dopo un lungo lavoro sul territorio per l'ATS della Montagna. Grande protagonista di quel progetto di recupero della pecora Ciuta concluso nel 2017 con il riconoscimento della razza di Registro Anagrafico:" Pecora Ciuta". Quella razza ovina autoctona originaria della Valtellina e dell'Alto Lario che ormai era scomparsa dal nostro territorio e che grazie al progetto e al riconoscimento vede oggi la presenza in provincia di circa 400 capi, sempre più selezionati, sempre più vicini alla tipologia originaria della razza.
Ma se un tempo l'allevamento delle pecore aveva un'importanza strategica nell'economia montana, soprattutto per Il vello, oggi la lana derivante dalla tosatura è difficilmente utilizzabile ed è spesso considerata un rifiuto speciale.
Silvana ha piacevoli ricordi familiari di quella lana: i maglioni portati dal papà fino a 93 anni, le calze color bianco paglierino dei fratelli, i suoi maglioni portati con orgoglio durante l'università a Milano e oggi custoditi gelosamente ini una valigia, le zie che come tutti gli abitanti della Val Masino tenevano le pecore per avere la lana da lavorare quotidianamente. Donne custodi di saperi antichi, di manualità appresa fin da bambine, sotto gli occhi attenti della mamma o della nonna.
Donne che passavano le serate nelle stalle a filare e dedicavano tutto il loro tempo libero al ciclo produttivo della lana.
Silvana ricorda ancora le donne di Masino che mentre camminavano e curavano le pecore facevano la calza o addirittura filavano la lana usando la rocca fermata in alto sul vestito con una spilla lasciando le mani libere e il fuso che si alzava e si abbassava ruotando davanti alla lunghe vesti.
Un filo che Silvana non ha voluto rompere e cosi ha pensato di trasformare questo patrimonio ormai abbandonato in qualche cosa di nuovo, da poter mostrare agli altri, per poterli coinvolgere in un importate progetto di recupero e valorizzazione della lana di Ciuta.
"... Io non sapevo filare, ho imparato dalle mie zie. Ho recuperato tutti i miei filarelli, poi ne ho fatto fare un nuovo da un esperto locale, Bertolini Sergio di Talamona," mi dice mostrandomi il suo "gioiello" in noce. "Ho cominciato piano piano utilizzando la lana prodotta dalle pecore dei miei fratelli titolari dell'agriturismo "Le case del Baff" a Masino, allevatori anche di una quarantina di pecore Ciuta. Subito dopo la tosatura ho iniziato quel lungo e laborioso lavoro di trasformazione del vello in gomitoli.
Il vello tosato viene separato, anche in base ai colori, lavato con acqua fredda per togliere lo sporco più grossolano senza usare detersivo per lasciare un po' di lanolina che permette una più agevole filatura. Segue l'asciugatura e la cardatura attraverso lo scorrimento di due tavolette di legno con diversi chiodi (cardasso) che permettono alla lana di diventare liscia, soffice e priva di nodi. Questa è la fase più faticosa, richiede attenzione, ma soprattutto forza nelle braccia. La lana poi viene filata, con il filarello, gesti lenti, che trasformano la lana cardata in un filato. Il filarello viene mosso con un piede, ma son le mani, anzi le dita che devono lentamente "strapparre".la lana e trasformarla in filato facendo attenzione a non rompere il filo che si sta formando." E mentre mi racconta il lungo processo di preparazione, prende un po' di lana cardata, si siede davanti al suo "gioiello" e si mette al lavoro mostrandomi come avviene la filatura. Ecco. Sì. Un lento lavoro, dita attente che muovono torcendo lentamente il filato che si forma.
Le fasi prima di poter costruire le sue opere non sono però ancora finite, c'è il passaggio in matasse, l'accurata lavatura, l'asciugatura e finalmente il gomitolo è pronto per essere trasformato.
Un lavoro titanico, ma Silvana ci mette la passione, la voglia di trasmettere un' arte, un saper fare che fa parte della nostra storia e sicuramente non va dimenticato. E come è scritto su uno dei suoi lavori il tutto è dedicato a chi ha tramandato sapere e passione. Una passione che per Silvana si è trasformata in un doveroso riconoscimento ad un animale che appartiene principalmente al suo territorio, ".. e allora ho pensato io devo fare qualcosa, devo catturare l'attenzione di un vasto pubblico, e ho cercato di recuperare la lana delle pecore Ciuta, e trasformarla in arte." Dalle prime stelle alpine dedicate alle Alpi ecco tutta una serie di lavori che vogliono far conoscere i prodotti tipici del nostro territorio: i pizzoccheri, i formaggi, le mele, i vini, il latte, il territorio terrazzato della viticultura valtellinese. I pezzotti, i funghi, le castagne.
Tantissimi lavori che richiedono moltissimo tempo per la realizzazione, per la scelta e la ricerca dei colori naturali, spesso combinati prima o dopo la cardatura, il grigio per esempio ottenuto dalla lana bianca e nera cardate insieme. Tutti colori derivanti esclusivamente dalla differenziazione delle lane, dal miscelarle creando sfumature diverse.
Arte e informazione come nella realizzazione della forma di Bitto Dop che sullo scalzo riporta: prodotto in alpeggio con latte bovino intero e caprino 0 - 10% lavorato appena munto o su quello dello Storico Ribelle: prodotto in alpeggio: nelle valli del Bitto. latte bovino intero e caprino 10 -20% lavorato caldo. O sulla bottiglia del vino dove vengono ricordati i 2.500 km di muretti a secco della Valtellina.
Dietro ogni prodotto c'è una motivazione, c'è un pensiero di Silvana per quel mondo, per quella circostanza particolare. Così dietro una bottiglia di latte c'è il pensiero per la crisi delle aziende zootecniche dovuto all'aumento elevato dei foraggi, dietro la bottiglia di vino c'è la fatica dei viticoltori. Il momento del ritorno negli alpeggi viene ricordato con le forme di Bitto e del fratello Storico Ribelle.
Dietro un cerchio double face con le tipiche baite alpine, le api, i nostri alpeggi con al centro lo storico calecc, ed il tipico camer (costruzione sotto un grosso sasso erratico) della val Masino c'è l'augurio di una buona estate.
E poi ci sono i libri, che si sfogliano con un testo, preparati con due "fogli" di lana sovrapposti.
Il ricamo delle parole richiede un lungo lavoro, grandissima pazienza. difficoltà pagate con la soddisfazione dell'ottimo risultato e il generale apprezzamento di chi le guarda. Come nel caso del libro dedicato al Kima, un riconoscimento che Silvana ha voluto dedicare alla grande corsa in montagna, ma anche e soprattutto a Pierangelo Marchetti (detto KIma) guida alpina e soccorritore, deceduto durante un intervento in elicottero nel 1994. Proprio nell'agosto scorso, durante l'ultima edizione del Kima, Silvana ha portato i suoi lavori, ottenendo un particolare apprezzamento da parte dei partecipanti alla gara
Ma la galleria dei lavori continua, e dietro ogni opera c'è sempre una storia, un ricordo.
Silvana mi mostra un lavoro preparato per il concorso "Per filo e per segno, la lana racconta le incisioni rupestri della Valle Camonica". Un importante concorso internazionale che ha avuto la partecipazione di più di 100 artisti e che ha visto la nostra Silvana tra i dieci vincitori del concorso.
Lei ha presentato i segni camuni in una veste particolare, creando un calendario dell'Avvento, realizzando dietro ogni casella aperta un simbolo delle incisioni rupestri concludendo il 25 dicembre con la Rosa Camuna.
Un bellissimo lavoro che mi mostra e racconta con orgoglio sicuramente soddisfatta del risultato ottenuto ed anche del giudizio della giuria del premio.
Per concludere chiedo dei futuri lavori. Mi dice che sta lavorando su un prodotto alimentare, ma ha qualche difficoltà non avendo lana marrone.
Lei deve lavorare sul
marroncino. Non mi dice di cosa si tratta ma sono sicuro che fra alcune settimane
mi manderà la fotografia di questa eccellenza alimentare valtellinese da colore
marroncino. Cosa potrebbe essere: la bisciolla? Aspettiamo. Sicuramente un
altro simbolo del nostro territorio che ancora una volta ci ricorderà la pecora
Ciuta.