Il pecorino delle donne

13.09.2023

Non avete mai sentito parlare del caglio di maiale?

Anche voi, come me, probabilmente avete sempre pensato che il caglio animale derivasse esclusivamente dallo stomaco di lattanti ruminati (bovini, caprini, ovini). 

Invece no. C'è un formaggio in Italia, il Pecorino di Farindola, caso unico nel mondo, prodotto utilizzando il caglio di maiale. Non estratto dal maialino lattante ma dai suini adulti subito dopo la macellazione.

Una interessante curiosità raccontata durante la serata che l'ONAF Sondrio ha voluto regalare ai propri soci: un crescendo di sapori e aromi non convenzionali, sicuramente unici derivanti proprio dall'uso del caglio suino.

Il caglio e il formaggio

Siamo in Abruzzo, nel Parco Nazionale del Gran Sasso d'Italia e Monti della Alga dove in 13 aziende aderenti al consorzio di tutela, si produce ancora in maniera artigianale questo formaggio mantenendo inalterato il processo produttivo e seguendo le antiche tradizioni di ruoli della pastorizia. Uomini che si occupano del pascolo e donne che invece si dedicano alla mungitura e alla caseificazione, tanto che oggi il Pecorino di Farindola è conosciuto come "Il Formaggio delle donne".

Un orgoglio femminile che appare anche sulle etichette del formaggio dove sempre il nome della casara è scritto in maniera moto evidente: fatto da Donatella, fatto da Annalisa, fatto da Patrizia, fatto da Giovanna.

E tutto inizia con la produzione del caglio. In tutte le aziende aderenti al consorzio, dopo la macellazione del maiale eseguita in inverno, le donne cominciano il delicato lavoro di preparazione del caglio prelevando molto delicatamente la parte interna dello stomaco del maiale, facendo in modo che rimanga intatta. Segue la pulizia in modo accurato, l'essicazione e la preparazione di un infuso con sale, vino bianco, e spezie. Si usa generalmente come vino il Montonico di Bisenti, vitigno autoctono e vino con spiccata acidità che lo rende adatto a conservare meglio il caglio. L'infusione preparata si lascia in una bottiglia di vetro per 2 o 3 mesi, si filtra e poi è pronta per l'utilizzo. Ma ci son anche preparazioni diverse, con l'utilizzazione dell'aceto, con tempi di infusione più corti, con il solo utilizzo del sale. Ogni azienda, anzi, ogni donna, ha la sua ricetta, custodita gelosamente e tramandata di generazione in generazione, sempre però esclusivamente a figlie, nuore o nipoti.

Il pecorino di Farindola è ottenuto dalla caseificazione del latte appena munto, o derivante da due mungiture successive, ma sempre crudo, coagulato mediante l'utilizzo di caglio di maiale. La formatura avviene in fiscelle di vimini o di plastica e la successiva salatura delle forme avviene a secco con sale grosso. La superficie esterna è trattata periodicamente con olio extravergine di oliva, con eventuale aggiunta di aceto o succo di pomodoro. La stagionatura procede su assi di legno fino a circa 3 mesi, per essere poi continuata in casse o armadi di legno con sovrapposizione o meno delle forme, che periodicamente vengono girate e trattate con olio di oliva.

Il formaggio ha ottenuto due importanti riconoscimenti, uno dalla regione Abruzzo, come PAT (prodotto agroalimentare tradizionale) e l'altro da Slow Food, con il suo prestigioso Presidio. Riconoscimenti  che attestano una lunga tradizione presente nello specifico territorio delimitato nel disciplinare di produzione, permettendo così una continuità di produzione e salvaguardando un territorio e la sua ricca biodiversità.

La degustazione ONAF

Ed eccoci allora, seduti in una sala de PFP di Sondrio pronti a verificare se queste caratteristiche di produzione raccontate da Oscar Del Barba, delegato ONAF per la provincia di Sondrio, possono davvero creare sensazioni piacevoli, nuove, uniche,

La degustazione guidata da Fides, ha portato ai venti partecipanti un piattino con tre pecorini di Farindola di diverse stagionature e un pecorino sardo. Tre assaggi di pecorini derivanti da una coagulazione con caglio di suino e uno prodotto con caglio tradizionale di vitello.   E le differenze sicuramente c'erano. Odori e aromi più intensi, ma soprattutto più ampi, complessi, quasi di difficile declinazione: animale, fieno, erba, e in quello più stagionato un piacevole sentore di fungo fresco. 

 E poi in bocca, dolcezza, un po' di acidità, di salinità con lieve piccantezza. Sensazioni globalmente piacevoli. Caratteristiche complessivamente non eccessivamente invasive, con un'ampia gamma di odori e sapori e una persistenza non eccessiva, E confrontate con il pecorino sardo, sicuramente diverse, più interessanti per la loro complessità. Più deludente invece l'ultimo piattino con un Farindola conservato sott'olio. L'olio eccessivamente coprente sia al naso che in bocca. L'olio che scivola sulla lingua e non permette di percepire a pieno le sensazioni di sapidità.

Dimenticavo, durante la serata intitolata " pecorino&pecorino" è stato servito un vino particolare: Offida Pecorino Danù d.o.c.g. Un vino bianco morbido e fresco con dolci note di frutta gialla e leggero sentore di vaniglia, la freschezza del vino che si scontra con la complessità organolettica dei pecorini. Un ottimo abbinamento apprezzato da tutti i presenti.