Le tre S: sole, sale e sassi

01.08.2023


Anche quest'anno i cavalletti sono stati smontati, le reti a bilancino depositate nei  garage, gli ultimi agoni appesi al sole  La pesca degli  agoni è finita.  Rimangono i piacevoli ricordi di serate  al tramonto in riva al lago, di secchielli colmi di pesci e naturalmente le latte di  missultin in cantina pronti per essere assaporati con la polenta. 

Appuntamento al prossimo anno. Sarà ancora il 15 giugno, e sarà tutto come sempre. Come la storia racconta.. Perché tutto è sempre cominciato a metà maggio quando questi speciali pesci abbandonano i fondali del lago e raggiungono la costa sassosa per riprodursi e depositare le uova. 

Ma attenzione, è vietato iniziare subito la pesca, bisogna attendere circa un mese. Solo dal quindici giugno al quindici luglio gli appassionati possono dilettarsi con le varie tecniche di pescaggio rispettando le ferree regole della pesca all'agone: obbligo di licenza, non più di 5 kg per sera, misura minima del pesce pescato, 15 centimetri e divieto di mettere i piedi nell'acqua per evitare di schiacciare le uova depositate.

E allora nei vari paesi si preparano i cavalletti, ponticelli di legno che terminano con una parte più larga dove ogni pescatore può mettere uno sgabello. I cavalletti si sistemano alla distanza di circa dieci metri, e li lontano dai rumori, al tramonto delle prime serate estive, ogni pescatore si siede sul suo sgabello e lancia la sua canna. Un rito ormai abbandonato, ma ancora visibile su lungo lago di Dervio, dove per circa 30 giorni è possibile rivedere pescatori seduti in mezzo al lago mentre le prime ombre della sera accarezzano l'acqua cambiandone il colore. 

Poi, per alcuni c'è ancora il rito della preparazione dei missultin, gli agoni essiccati al sole e conservati per l'inverno da mangiarsi con la polenta.

"Pulènta e Missultèn, butèglia dissanguada, urchestra de ciuchèe e danza indemuniàda…" cantava Davide Van de Sfros, il noto cantastorie di Lenno, ricordando le balere di una volta e il cibo degli abitanti del lago.

La leggenda racconta che il nome derivi da Miss Holdin, una turista scandinava che nel settecento soggiornò sul lago di Como a Tremezzina e, particolarmente soddisfatta per l'ospitalità ricevuta dai pescatori, insegnò loro la tecnica di conservazione degli agoni secondo un'usanza del suo paese.

Più facile però chi il nome derivi semplicemente da missolta. il contenitore in legno utilizzato un tempo per la conservazione dell'agone dopo il processo di essicazione.

Ma al di là del nome va sicuramente detto che i missultin (in dialetto i missultìtt o missultén) appartengono alla storia e alla tradizione alimentare del lago, tanto da avere avuto il riconoscimento del presidio Slow Food e quello della Regione Lombardia come prodotto agroalimentare tradizionale (PAT).

Il segreto di questa specialità?

"Sole, sale, sassi" dicevano i vecchi pescatori. Sole per l'essicazione, sale per la conservazione e sassi per appesantire il coperchio della missolta nel processo di fuoriuscita dell'olio.

Una cultura che non si è persa e che si mantiene ancora grazie ad alcuni anziani appassionati che nel mese di giugno si dedicano alla pesca e continuano il rito dell'essiccazione al sole degli agoni appena pescati. Come fa Franco di Musso, giovane settantaduenne, cuoco in pensione con la forte passione per la pesca.

Franco mi ha invitato a casa sua, nel giugno scorso per raccontarmi e mostrarmi la lavorazione dei Missultin. "Ho cominciato da bambino a pescare con lo zio, avevo dieci anni, e mi piaceva uscire in barca, lui buttava le reti, io sulla barca lo guardavo, remavo, ma la passione era tanta. Poi adagio adagio ho cominciato anche a pescare, ricordo la pesca dei lavarelli, del persico, delle trote, ricordo trote anche di quindici chili, ma di agoni ce n'erano pochi e soprattutto erano diversi, più magri." mi dice mentre con calma inizia a pulire gli agoni pescati la sera prima.


"Ci sono due tecniche diverse per pescare gli agoni" mi spiega Franco " la moschetta con un filo che termina con cinque ami ricamati con colori diversi, anche argentati per simulare delle larve che riescono ad ingannare gli agoni. E la tecnica del bilancino/quadrato, una rete da pesca a forma quadrata con quattro asole poste agli angoli che vengono fissate agli estremi di due aste metalliche incrociate, fissate da una corda ad un palo simile a una canna da pesca che alzato issa la rete.

"Ma qui a Musso" continua Franco mentre mi mostra le fasi della trasformazione degli agoni pescati la sera prima in missultin " i cavalletti non si usano più e anche la trasformazione è leggermente cambiata, per esempio oggi gli agoni prima di essere essiccati vengono eviscerati, togliendo anche le uova, pratica che un tempo non veniva fatta."

Mi incuriosisce questa cambiamento "Come mai?" Chiedo. "Perché oggi gli agoni non sono più quelli di una volta, sono più grassi, hanno più carne e quindi le uova all'interno non asciugano bene e potrebbero creare problemi durante la conservazione. Poi oggi si tende, durante l'essicazione a proteggere il pesce dalle mosche, con delle retine, non si vedono più le strutture triangolari appese alle finestre… ma poi tutto è come prima solo sale e sole e qualche foglia di alloro."

Guardo le mani di Franco che dopo l'eviscerazione risciacquano i pesci sotto l'acqua, il calcolo del sale (settanta grammi per ogni kg di pesce) la posa in una bacinella alternando a strati il pesce ed il sale. "Rimangono così per 36 ore, ma vanno rivoltati 3/4 volte per permettere a tutto il pesce di assorbire il sale, poi con un ago curvo ed uno spago, si realizzano delle collane di pesci (le sfilz); circa una quindicina di pesci per ogni filo, che vanno poi passate nell'acqua per togliere residui di sangue e di salamoia. L'esposizione al sole dura circa 5/7 giorni in base alle condizioni atmosferiche. 

Quando l'essicazione è completa, la testa deve scricchiolare sotto la pressione delle dita, si sfilano dalle collane, si schiaccia la testa e si mettono in un contenitore di legno o latta, sistemandoli a ventaglio con la pancia all'insù, alternandoli con foglie di alloro. Si coprono con un coperchio di legno e inizia la torchiatura per permettere la fuoriuscita dell'olio presente nei pesci. L'olio si concentra sulla parte superiore e deve essere eliminato. Un tempo l'olio di missultin veniva portato in alpeggio e utilizzato sul corpo delle mucche contro i tafani." 

La lunga preparazione è terminata, i contenitori coperchiati, vengono messi in cantina e rimangono lì a riposare in attesa di essere consumati durante l'inverno accompagnati da fette di polenta. Su un tavolo vicino al contenitore che più tardi verrà torchiato, ci sono una ventina di agoni, pronti per essere cucinati. Leggera infarinatura e subito nell'olio bollente (ovviamente olio del Lario) e poi ci sediamo in terrazza, a tavola, preparata dalla moglie Lucina (lei è Valtellinese, di Mellarolo) per assaggiare gli agoni fritti accompagnati dalla polenta appena scodellata. Attorno a me un bellissimo giardino, dove in fondo, a sud, con vista sul lago, gli agoni in fila indiana continuano la loro lenta essicazione al sole nelle rastrelliere costruite da Franco aspettando di trasformarsi in missultin.

Si parla di cucina, di prodotti tipici, di vino, il Domasino, il vino del lago di Como, ma naturalmente degli agoni. Franco mi racconta di una antica ricetta, la curadura: interiora fritte con cipolla, tipico piatto della cucina povera quando anche del pesce non si buttava nulla. Mi parla di altre ricette per utilizzare gli agoni, mentre Luciana mette in tavola un'altra prelibatezza del marito: gli agoni in carpione. Ottimi pesci, altro sapore, altro gusto, ma assolutamente gradevoli come i precedenti che mi  invogliano ad aggiungere al lauto pasto già consumato ancora una fetta di polenta e un bicchiere di vino. Grazie Franco, grazie Luciana. Ci vedremo in Val Gerola.

Pubblicato sul settimanale   " la Provincia di Sondrio " di sabato 22 luglio con il titolo:  Pesca agli agoni, tradizione secolare.