Ma perché a Morbegno?
Il museo del formaggio in provincia di Sondrio, proposto dall' imprenditore Tirelli durante la tavola rotonda organizzata dal The European House Ambrosetti alla recente mostra del Bitto, ha suscitato un interessante dibattito trovando sostenitori soprattutto nella scelta della localizzazione: Morbegno.
Un'idea stimolante che merita un'efficace concretizzazione per la valorizzazione di un'arte antica che nel continuo perpetuarsi trova oggi molto interesse anche da parte dei giovani.
Ma perchè a Morbegno?
Perché è il luogo dove per 117 anni è stata organizzata la mostra del Bitto? Perché è l'incrocio di due valli dove tradizionalmente si è sempre prodotto il Bitto? Perché è diventata da poco città del formaggio?
Motivazioni più che legittime, ma forse si dimentica che Morbegno è sempre stata una cittadina culturalmente legata alla commercializzazione del formaggio e un po' meno alla trasformazione de latte. L'arte casearia ha invece una lunga tradizione nei paesi vicini, come Talamona, Cosio, Delebio, Traona o anche, oltre le valli del Bitto, nella Valtartano dove nel 1978 c'erano ancora 18 alpeggi caricati.
A dimostrazione che il comune di Morbegno non ha una grande tradizione produttiva casearia ecco alcuni dati della CCIA del 1973 riferiti al numero di capi bovini presenti sul territorio: Talamona 760, Morbegno 754, Delebio 560.
E senza togliere nulla agli altri paesi, credo che Talamona sia il paese della bassa valle con la maggiore tradizione casearia. Un paese che è sempre stato ricordato come il paese dei bravi casari, che per le loro elevate capacità professionali erano richiesti in molti alpeggi e anche nella vicina Svizzera.
Ricordo anche che a Talamona è nata la prima latteria "cooperativa" della provincia di Sondrio che grazie all' ing. Clemente Valenti è diventata subito volano per la crescita e lo sviluppo dell'arte casearia in provincia di Sondrio.
La latteria sociale Valenti, società anonima cooperativa nasce nel 1880 e diventa subito la latteria più attiva della provincia.
Nei primi anni del novecento partecipa con i suoi prodotti all'esposizione nazionale di Milano vincendo la medaglia d'oro ed un premio di £ 1000 per le pregiate produzioni di burro e di formaggio.
Alcuni documenti parlano di commerci della latteria di Talamona con la Grecia, l'Egitto, l'India; addirittura in una lettera del 1879 inviata al prefetto si motiva la richiesta della fermata dei treni a Talamona anche per i prodotti lattiero caseari della zona "… che presto avrebbe preso il via una latteria sociale che avrebbe necessità di mezzi di trasporti pubblici per l'esportazione di formaggi e burro…"
Nel 2019, dopo più di un secolo di attività, la latteria Valenti viene chiusa e i soci decidono di donarla al comune di Talamona. Oggi è in attesa di un progetto di ristrutturazione. Importante edificio su tre piani e cantina, per una superficie totale di 400 metri quadrati, è situata nel centro storico di Talamona, vicino al palazzo Valenti di epoca rinascimentale.
La presenza della confinante proprietà del comune quale la Casa della Cultura (ex casa Uboldi), con annesso ampio giardino (dove sono stati posizionati anche due sarcofaghi romani del II-III secolo d.C. ritrovati nell'alveo del Tartano dopo l'alluvione del 1911) crea sicuramente le condizioni per definire un progetto più ampio che toccherebbe non solo la latteria, ma tutta la zona limitrofa ricca di storia ed in particolare il giardino poco utilizzato e comunque non usufruibile dalla popolazione in modo continuativo.
La ristrutturazione della latteria Valenti creerebbe infatti i presupposti per realizzare un passaggio pedonale attraverso il giardino formando continuità tra la Casa della Cultura e il palazzo Valenti e valorizzando tutta questa zona del centro storico di Talamona.
Un passaggio agevole dal giardino alla via Valenti permetterebbe anche la rivalutazione del lavatoio, che pur non presentando caratteristiche architettoniche particolari (la struttura muraria, la copertura e le vasche, ma soprattutto le lastre inclinate non sono in pietra ma in cemento) appartiene alla storia della comunità di Talamona, alla cultura "del lavare i panni a mano", al ricordo di tutte le donne della zona che per ore hanno strofinato con fatica i panni su quelle lastre.
Una demolizione parziale con un passaggio pedonale sopra le vasche attraverso una struttura in vetro con la visione dell'acqua sottostante e delle lastre inclinate, permetterebbe anche di richiamare la storia del "Fiüm" che un tempo attraversava anche la via Valenti, allora chiamata via Piantellina.
ll museo/latteria diventerebbe poi il fulcro del progetto ma potrebbe essere accompagnato da un'utilizzazione tematica anche del giardino con la realizzazione di un percorso informativo all'aperto terminante davanti alla latteria il cui tema porrebbe essere "la transumanza", l'organizzazione aziendale tipica della storia della nostra agricoltura. Un nomadismo che iniziava in aprile e terminava anche a novembre sfruttando tutta la potenzialità foraggera dal fondo valle al maggengo per finire in alpeggio che ha caratterizzato le produzioni casearie della nostra provincia: latteria magro, semigrasso e grasso, scimudin, matusc, grasso d'alpe, bitto e burro.
Un giardino tematico con simboli e semplici realizzazioni scenografiche che ricordano i passaggi più importanti della transumanza: la stalla del fondo valle, il prato stabile, la latteria di paese, il maggengo, l'alpeggio. Una breve passeggiata storica che potrebbe accompagnare il visitatore nel percorso dalla casa Uboldi alla latteria con arrivo davanti alla facciata principale del palazzo Valenti.
La ristrutturazione della latteria va poi vista e studiata per un uso non solo museale, ma con spazi utilizzabili dalla comunità ed in particolare dal mondo agricolo provinciale, dove l'aspetto museale potrebbe diventare una significativa e importante cornice alle attività commerciali/didattiche/ informative organizzate.
Penso a semplici strutture, tavoli, banchi vendita, con annesso un piccolo lavandino e un frigorifero, per l'organizzazione di un mercato tematico periodico, formaggi caprini, formaggi a latte crudo, paste filate, formaggi stagionati, formaggi d'alpeggio, dedicato ai piccoli produttori. Ma anche altre produzioni, come piccoli frutti, confetture, erbe officinali ecc, ecc. Periodicamente un tema diverso dove le singole aziende artigiane del territorio possano vendere e promuovere i loro prodotti. Banchi che potranno poi essere utilizzati anche per altre eventi, quali degustazione di formaggi, corsi di degustazione. E così anche ai piani superiori la cornice museale dovrebbe essere inserita negli spazi utilizzabili per attività didattiche/informative, per una biblioteca/medioteca provinciale riguardanti le tematiche casearie.
Un museo del formaggio vivo, senza gallerie interattive. Un museo che raccolga tutte gli strumenti dell'arte casearia, (nella latteria Valenti di Talamona è ancora presente e funzionante uno strumento particolare, unico nel suo genere che permetteva un razionale lavaggio del burro). Perché le nuove generazioni non hanno bisogno di musei con gallerie interattive, le nuove generazioni devono vedere gli strumenti reali, magari toccarli, vederne il funzionamento dove è possibile. Un museo vivo, frequentato non solo per il suo richiamo museale, ma anche per una valorizzazione dei prodotti agricoli provinciali, per far conoscere le aziende produttrici, per ascoltare dal vivo gli artigiani del gusto ed assaggiare le loro produzioni casearie e non.
la planimetria di Talamona del 1890 è tratta dal libro UL FIÜM