storie di vino e di poeti
Ho trovato su un libro edito nel 1952 "Andar per crotti" di Epicuro, alcune curiose e interessanti pagine riguardanti l' enologia valtellinese e in particolare alcune notizie riferite alla Società Enologica Valtellinese fondata nel 1873 e chiusa nel 1991. Si parla di una botte di rovere considerata la più grande del mondo. smantellata negli anni sessanta. Oggi la botte di rovere più grande al mondo si trova nelle Langhe e ha una capacità di 478 ettolitri. E' stata inaugurata nel luglio scorso con Barolo della vendemmia 2016, considerata una delle migliori degli ultimi anni.
L'edificio dell'Enologica Valtellinese, ristrutturato negli anni 90, è oggi la sede degli uffici provinciali della Regione Lombardia, mentre le cantine, trasformate nel Centro
"Le Volte" sono diventati spazi dedicati ad eventi
enogastronomici.
Ma ecco le pagine scritte nel 1952 dedicate all'enologia valtellinese.
Grande e la meticolosità che richiede la vinificazione e la conservazione del vino. Per mantenere ai vini sempre lo stesso abboccato, la stessa limpidezza si è creato in Sondrio sulla fine del secolo scorso, la Società Enologica Valtellinese seguita poi dalla case vinicole, Ciapparelli, Pelizzati, Fratelli Polatti e recentemente a Chiuro dalla ditta Nino Negri ed a San Giacomo da Pola Leandro che produce un vino bianco secco ed un rosso "Corna" da pasto.
La Società Enologica Valtellinese fondata nel 1873 vanta ben 12 lustri di meravigliosa attività dedicata sempre a valorizzare i prelibati vini di Sassella, Grumello, Inferno e Valgella bianco. Imponenti sono le sue cantine distribuite su due piani: il primo piano è a sette metri ed il secondo a quattordici metri dal livello della strada; a questa profondità si ha una temperatura costante che concorre alla riuscita dei vini e dalla loro conservazione.
230 sono le botti di legno delle due cantine e fra queste troneggia Noè botte di legno di rovere dal peso di 147 quintali con 26 cerchi di ferro del capacità di 450 ettolitri. Questa botte è sempre in funzione per formare masse di vino a tipo costante; per lo stesso uso viene adibita altra vasca di cemento rivestita di vetro dalla capacità di 60.000 litri.
Dall'opuscolo della società enologica si può apprendere quali e quante sono le cure richieste per la vinificazione.uesta
Dalle solatie pendici delle Alpi dove vengono amorevolmente curate dal tenace viticultore valtellinese, le ubertose vigne di Inferno, di Grumello di Sassella, le uve giunte a perfetta maturazione vengono con cura raccolte, caricate su caratteristici carri da montagna e trasportate allo stabilimento ove vengono gettate su tavolaccio e sottoposte a cernita: squadre di donne con cura meticolosa tolgono ad ogni grappolo gli acini acerbi o secchi. Dopo tale accurata cernita le uve passano alla pigiatura: non più i piedi, ma moderne macchine le mutano rapidamente in mosti, che vengono incanalati, parte in un moderno apparecchio di concentrazione e parte nei grandi recipienti di fermentazione, nelle capaci tinaie. Ivi avviene la prima fermentazione: dopo una decina di giorni il mosto viene diviso dalle vinacce, queste passano ai torchi e il mosto viene travasato in altri recipienti nei quali completa lentamente la fermentazione. Successivamente a distanza di circa un mese il vino viene passato nella prima cantina sotterranea "quella dei vini giovani" ove rimane per circa due mesi. Se il vino ha depositato ed è di bella presenza, si contratta coi Grigioni che sono i principali compratori.
Per l'invecchiamento si passa nella seconda cantina a quattordici metri di profondità. I vini fini sono pronti per la bottiglia dopo tre anni di botte: l'optimum della bottiglia e da cinque a dieci anni. I vini pregiati possono essere serviti in qualsiasi stagione ad una temperatura non inferiore ai 15 gradi sopra zero e la bottiglia deve essere sturata qualche ora prima di essere servita. Se il vino è vecchio la bottiglia non deve essere agitata perché spesso si formano depositi sul fondo e sulle pareti (camicia): è però bene travasare il vino in una bottiglia di cristallo o servirlo coricato in appositi cestelli.
Ortensio Lotario nel "commentario delle più notabili e mostrose cose d'Italia" del 1550 ricorda che i vini di Valtellina sono stomatici, odoriferi, claretti raspanti e mordenti. Guler nel 1616 scrisse che questi vini sono buoni e gradevoli al palato, sono pure assai generosi, costituiscono una bevanda veramente salubre ed opportuna e sono assai pregiati in medicina.
Recentemente il laboratorio municipale di igiene di Parigi ha dimostrato che il bacillo del tifo viene ucciso o reso assolutamente innocuo dal vino rosso o bianco del tipo comune purché contenga una data percentuale di acidi naturali che sono stati anche riconosciuti nei vini valtellinesi.
Al dire dei competenti i vini pregiati di Valtellina contenendo in proporzioni equilibrate alcol, glicerina e ossido di ferro, sono un ricostituente sovrano all'organismo perché aiutano fortemente la formazione dei globuli rossi del sangue, sono digeribilissimi perché non arrecano peso allo stomaco e sono diuretici perché contengono in copia acido tartarico.
E questo vino di Valtellina che secondo la formazione del Budden al banchetto di chiusura del 27° Congresso degli alpinisti italiani, veniva richiesto nel Parlamento inglese dai deputati buongustai e siccome essi tra un discorso e l'altro ne facevano un uso meno che discretto tutte le volte che pronunciavano discorsi focosi si poteva essere certi che il merito e la colpa era di quel vino.
Non è stata una bottiglia di vino di Valtellina ad espirare al Carducci uno dei suoi cantii più forti?
Ecco come Pedretti nei "ricordi chiavennaschi" narra l'episodio.
"Si era a Madesimo nell'agosto del 1888: il signor Giovanni Pench possedeva nella sua cantina una dozzina di bottiglie di eccellente Sassella custodito come un tesoro in un armadio protetto da un reticolato. Un giorno confidò al suo amico avvocato De Giorgi il desiderio di avere a casa propria una visita di Carducci. Se hai sempre quel tal Sassella, disse De Giorgi, e sei disposto ad offrire una bicchierata al Poeta ed agli amici, ci penso io. Ben lieto accettò il Pench: lo stesso giorno dopo colazione il De Giorgi avvicinò Carducci e gli disse: Professore l'amico Pench ha in cantina alcune bottiglie di vecchissimo Valtellina che deve essere come elisir. Si figuri Professore che è del 1848 contemporaneo dell'insurrezione di Chiavenna. Carducci che era seduto si alzò di scatto e con le mani aperte, appoggiandosi saldamente al tavolo e piegando il busto alquanto in avanti... " per Dio, disse, andiamo a berle!"
Subito il De Giorgi accompagno il Poeta con altri amici a casa del Pench che festosamente accolse la brigata. Si vuotarono parecchie bottiglie del prelibato Sassella mentre si narrò al Poeta l'episodio dell'insurrezione chiavennasca dell'ottobre del 1848. Quando fu il momento di andarsene, gli amici offrirono al Carducci, al quale le libagioni avevano conferito un'andatura da marinaio con mare mosso,di accompagnarlo; ma egli rifiutò bruscamente e se ne tornò solo alla villa Adele. La sera stessa dopo cena il Poeta leggeva gli amici l'ode "a una bottiglia di Valtellina del 1848":
Giosuè Carducci
A UNA BOTTIGLIA DI VALTELLINA DEL 1848
E tu pendevi tralcio da i retici
balzi odorando florido al murmure
de' fiumi da l'alpe volgenti
ceruli in fuga spume d'argento,
quando l'aprile d'itala gloria
da 'l Po rideva fino a lo Stelvio
e il popol latino si cinse
su l'Austria cingol di cavaliere.
E tu nel tino bollivi torbido
prigione, quando d'italo spasimo
ottobre fremeva e Chiavenna,
oh Rezia forte!, schierò a Verceia
sessanta ancora di morte libera
petti assetati: Hainau gli aspri animi
contenne e i cavalli de l'Istro
ispidi in vista dei tre colori.
Rezia, salute! di padri liberi
figlia ed a nuove glorie più libera!
È bello al bel sole de l'alpi
mescere il nobil tuo vin cantando:
cantando i canti de i giorni italici,
quando a' tuoi passi correano i popoli,
splendea tra le nevi la nostra
bandiera sopra l'austriaca fuga.
A i noti canti lievi ombre sorgono
quei che anelando vittoria caddero?
Sia gloria, o fratelli! Non anche,
l'opra del secol non anche è piena.
Ma nei vegliardi vige il vostro animo,
il sangue vostro ferve ne i giovani:
o Italia, daremo il altre alpi
inclita a i venti la tua bandiera.
Al di là della bellezza dell'ode rimane il dubbio che una bottiglia di Sassella di 40 anni possa realmente aver creato emozioni al poeta tanto da ispirarlo a scrive l'ode. Ma questa è un'altra storia che riprenderemo presto,