Qualità nella vendemmia valtellinese

20.02.2019

Raccontare la vendemmia 2018 in Valtellina vuol dire parlare di un' annata eccezionale, una delle migliori degli ultimi anni sia in termini qualitativi che quantitativi. La felice conclusione per i vigneron di un lungo viaggio di pratiche colturali cadenzate per un intero anno. Giorni di potatura, di sfalci tra le viti, di trattamenti, di sgarzolature, di lunghi lavori manuali, di pazienza e dedizione. E poi finalmente la vendemmia.

"Giorni di vendemmia, giorni di festa" si diceva un tempo. una festa corale fatta di raccolta, di trasporto, di continui e faticosi scendere ed arrampicarsi per le varie scalette in sasso dei muretti a secco. Ma anche un'occasione per stare insieme, per cantare. Un momento di socializzazione che culminava con il pranzo collettivo nelle case rurali collocate strategicamente tra i vigneti. Erano principalmente le donne che cantavano, famose quelle di Triangia per i "gigui", grida di auto compiacimento che venivano fatte alla fine di ogni canzone. Si diceva che le donne erano obbligate a cantare, durante la raccolta, per dimostrare costantemente di non mangiare l'uva.

Gli uomini difficilmente cantavano, con le gerle colme di uva o con le pesanti brente in legno non potevano distrarsi dovendo con notevole equilibrio camminare tra i ripidi sentieri o lungo le strette scalette in sasso per portare il prodotto ai piedi del vigneto dove grossi tini caricati su carri attendevano di esser riempiti.

Oggi non è cambiato molto. Il rito si ripete. Non ci sono più le gerle, i cavagn, i tini, le brente di legno. La plastica ha sostituito tutto. Ma sono rimasti gli stretti scalini tra un terrazzamento e l'atro, i ripidi sentieri, il saliscendi con le brente, il reclutamento dei parenti, i pettegolezzi delle donne mentre le loro mani tagliano il grappolo dal tralcio, il partire in coppia, una persona per lato del filare, dall'alto verso il basso. Eppure, negli ultimi anni, qualcosa è cambiato.

Sono in una vigna a Sondrio, zona del Grumello, un vigneto di sette anni, in produzione da tre. Un lavoro importante di due giovani che hanno deciso di abbondonare il loro lavoro a tempo indeterminato e diventare vigneron. Il prossimo mese metteranno in commercio le prime bottiglie del loro vino: un Valtellina Superiore con un nome particolare, Bastian Cuntrari. Michele 28 anni, perito agrario, esperienza per otto anni presso una grossa azienda viticola valtellinese e Patrik 31, nessuna esperienza nel settore viticolo.

Michele è orgoglioso della sua nuova vigna e mi spiega con entusiasmo il sistema produttivo scelto. ".... Una volta questa vigna era tradizionale, ma poi mancavano piante, c'erano fallanze, abbiamo deciso di estirpare tutto e fare un vigneto nuovo con un sistema produttivo diverso, il girapoggio, con filari posizionati est-ovest in alternativa a quello tradizionale dove i filari sono posizionati nord-sud. Il sistema ci permette di muoverci tra i filari anche con una motocarriola. Poi abbiamo modificato anche l'impostazione di allevamento, non più il classico archetto tradizionale, il tralcio viene tenuto diritto sul filo permettendo una produzione più bassa, concentrata e omogenea... "

Mi mostra delle ceste parallelepipede e mi spiega un'altra piccola innovazione nella raccolta: "Noi raccogliamo l'uva in queste ceste che possono contenerne 10/11 chili e le carichiamo direttamente sul trattore, senza svuotarle. Il sistema ci permette di eliminare i passaggi dal cavagn alla brenta e da questa al cestone posizionato sul mezzo di trasporto per arrivare in cantina. Cosi l' uva non viene schiacciata, arriva integra alla cantina, e così non partono fermentazioni indesiderate e aumentiamo la qualità dell'uva. E se qui usiamo la motocarriola per trasportare le ceste, dove non riusciamo ad arrivare con il mezzo meccanico usiamo delle portantine in acciaio dove carichiamo due ceste."

Mentre ascolto mi giro, e vedo Patrik, scendere da una ripida scalinata addirittura con tre ceste sulle spalle. Oltre trenta chili in equilibrio sui ripidi scalini per depositare le ceste sul mezzo d trasporto che le porterà in cantina.

Con Michele ci spostiamo nel vigneto, lungo i filari. Mi racconta i sacrifici fatti, il lavoro lungo, paziente, quotidiano, mi spiega l'impianto a tubo per i trattamenti, l'utilizzazione dei ferormoni per combattere la tignoletta, l'utilizzazione del decespugliatore per lo sfalcio tra i filari. Mi mostra le rampe di collegamento tra i vari terrazzamenti, che permettono il passaggio della motocarriola tra i filari. Alcune artificiali fatte con legname, altre realizzate lavorando il terreno.

Camminiamo per scalette strette e ripide e finalmente arriviamo in alto. Sopra di noi il bosco, sono gli ultimi filari. Guardo in basso, il vigneto mi appare nella sua bellezza ma anche nella sua profondità.  Guardo i grappoli pendenti dai lunghi tralci, tutti vigorosi, con acini gonfi.  "La qualità per noi è importante," mi dice Michele, "prima della vendemmia, facciamo anche un passaggio in vigna per togliere gli acini non maturi e ancor prima la sgarzolatura, spesso sacrificando anche grappoli per rendere più vigorosi gli altri."

E lì, in mezzo al vigneto, mentre penso alla filosofia di questa nuova azienda che riesce a sacrificare la quantità in nome della qualità non posso fare a meno di ricordare il film di Olmi "Rupi di Vino" "... Ancora in questo mese si prosegue assiduamente a sgarzolare i pampini, e si potrà rivedere diligentemente la vigna e dare qualche puoco di aria alla vigna.." le parole in sottofondo e le immagini mostrano la potatura verde, ma soprattutto grappoli acerbi che vengono sacrificati per rendere quelli vicini più vigorosi. Grappoli verdi, tagliati da mani esperte che cascano sui sassi dei muri a secco, acini acerbi che si schiacciano contro le pietre.

Intorno a me donne, bambini, un nonno, tutti muniti di guanti e di cesoie, il viso basso su grappoli. Guardo le mani che accarezzano i grappoli, li inclinano leggermente e dopo un taglio netto li depositano delicatamente nella cesta. Gesti precisi, delicati, perché la parola d'ordine è mantenere il più possibile integro il grappolo e in tutte le ceste che aspettano di essere trasportate, l'uva si presenta intatta, bella, asciutta, e così arriverà alla cantina.

In Valtellina si calcolano 1200 ore di lavoro per ettaro per una produzione di 80 quintali sempre per ettaro. Confrontando con altri vini troviamo la Bonarda DOC con una produzione di 120 quintali, ma per vini senza disciplinare di produzione si può arrivare anche a 200. Le ore poi possono diminuire notevolmente arrivando anche a 100 ore ettaro in pianura con la meccanizzazione integrale.

Dati non sempre conosciuti dal consumatore, che spesso non acquistano i nostri vini per il prezzo, dicono, elevato. Ma dietro a quel prezzo c'è una storia, un territorio e soprattutto un continuo lavoro manuale che non può essere sostituito dalle macchine. E negli ultimi anni c'è anche una nuova generazione che si sta avvicinando: giovani che credono nella viticultura valtellinese e decidono di diventare vigneron.

E allora grazie Michele e Patrik, per la vostra scelta professionale, per il vostro impegno, per essere riusciti a portare anche innovazione in un lavoro antico. Aspetto con ansia di poter assaggiare il vostro Bastian Cuntrari, sarà sicuramente un vino di qualità come l'uva che avete raccolto in questi giorni.