Quando la polenta diventa  simbolo di accoglienza

26.11.2025

Non era solo un piatto. Era il centro della vita domestica: nutriva, scaldava, univa la famiglia. Era il profumo che si mescolava all'odore di fumo del camino, attorno al quale ci si ritrovava dopo il lavoro nei campi o nei boschi. E poi, rovesciata sulla basla, accoglieva la famiglia e magari qualche amico o parente che passava di lì… perché un piatto di polenta per uno in più si trova sempre.

Intorno a quella basla c'erano la fatica di un lavoro iniziato all'alba, le parole, i racconti della lunga mattinata trascorsa a lavorare duramente. Un alimento che attraversa il ricordo di intere generazioni, che l'hanno conosciuta anche come unico argine contro la fame, spesso mangiata "santa" (senza companatico) o accompagnata da alimenti poveri, quasi di scarto. Eppure, anche in quella semplicità, c'era sempre un gesto di accoglienza: condividere quel poco che si aveva con chi bussava alla porta.

Siamo a Chiavenna, all'interno della residenza integrata "il Deserto", per partecipare come commensali alla terza edizione del Torneo delle Polente. Una struttura particolare che ospita due cooperative sociali e un'associazione di famiglie, dove i protagonisti sono davvero due semplici parole: accoglienza e solidarietà trasformate quotidianamente in gesti concreti.

Sotto il grande portico, i concorrenti preparano le polente. Un aperitivo veloce e poi tutti all'interno della struttura, accolti da una sorridente signora che ci spiega come funzionerà la manifestazione, invitandoci anche a ritirare un bigliettino di carta colorata. "Poi vi diranno a cosa serve", ci dice.

Nella grande sala sono stati apparecchiati una ventina di tavoli, elegantemente arricchiti da vasi di ciclamini. Vicino ai bicchieri, un biglietto prestampato con i numeri delle polente, pronto per ricevere il giudizio degli ospiti. In poco tempo quasi 200 persone, molti giovani, si siedono tranquille, in attesa di poter assaggiare le polente. Un assaggio di formaggi, qualche foglia di insalata nell' attesa  e poi, con un'organizzazione perfetta, in pochi minuti tutti hanno davanti il piatto con le porzioni abbondanti di polenta.

È un piatto preparato da "polentari" provenieti da territori diversi: la provincia di Bergamo, la Val Gerola… Assaggiare queste polente significa anche abbracciare culture contadine differenti, sentire il calore di un focolare condiviso intorno a un'immaginaria grande basla, celebrando l'antica cultura dell'ospitalità

Farine diverse, ingredienti particolari, formaggio Bitto, cipolla, brisaola, aringa. Il profumo caldo e leggermente tostato della farina si mescola ai profumi più intensi della brisaola e dell'aringa, e in bocca la piacevolezza passa dalla dolcezza del formaggio alla sapidità intensa del pesce. Quattro polente nel piatto, e a parte lenticchie, salsiccia bollita, formaggi, il tutto annaffiato da ottimo vino di una importante cantina valtellinese.

Piena soddisfazione per Mauro Franceschini, presidente della comunità Mondo e Famiglia, che mi racconta la storia della manifestazione, nata tre anni fa: "È una storia nata quasi per caso, perché tra i membri della comunità abbiamo un personaggio molto attivo, Ercole, animatore e custode dell'ostello, grande appassionato di polenta (l'anno scorso vincitore del torneo), che tre anni fa ha lanciato l'idea di realizzare un concorso di polente invitando anche alcuni rappresentanti di altre valli. Così, fraternamente, in amicizia, senza voler creare un 'evento' eccezionale. Da subito c'è stata una grande partecipazione. Siamo partiti da 120, poi 150 e quest'anno abbiamo sfiorato i 200, 190 per la precisione."

La giuria e i biglietti compilati dai partecipanti hanno decretato il vincitore: la Val Gerola. 

Ma forse la vera vincitrice non è solo la polenta della valle orobica, bensì l'accoglienza ricevuta da tutti i partecipanti. Un'accoglienza fatta di cura, di attenzione, di ascolto: si percepisce nei volontari che si muovono tra i tavoli, in chi si ferma a scambiare due parole.

Tutti, prima di lasciare il Deserto, hanno scritto un pensiero sui biglietti colorati ricevuti all'entrata e li hanno attaccati sul grande spazio allestito per raccoglierli. 

Un mosaico di parole semplici che raccontano gratitudine e gioia. Segni concreti che dimostrano come, a volte, basti un piatto di polenta per sentirsi accolti e parte di una comunità.

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Cent'anni di solidarietà e accoglienza 

La residenza integrata " Il Deserto" si trova a Chiavenna, vicino alla stazione ferroviaria e alla zona dei crotti. La si raggiunge percorrendo un'antica strada acciottolata: dopo un centinaio di metri appare la grande struttura, circondata dal bosco, con un ampio spazio esterno affacciato sulla città.

La storia dell'edificio è lunga e inizia nel 1925 quando, dopo tre anni di lavori, accolse i primi ospiti. In un primo momento fu utilizzato come ricovero, poi divenne orfanotrofio e successivamente collegio. 

Dal 1953 al 1970 ospitò il seminario teologico dell'Opera don Guanella e, in seguito, fu trasformato in convitto, prevalentemente per gli alunni della Scuola alberghiera di Chiavenna.

Nel 2004 la Congregazione dei Servi della Carità "Opera Don Guanella" ha affidato all'Associazione Comunità e Famiglia, con contratto di comodato, lo stabile del "Deserto" con l'obiettivo di realizzare un'esperienza di "condominio solidale". In questo contesto le famiglie e i gruppi, ispirandosi a valori di mutuo aiuto e di condivisione delle risorse, si aprono all'accoglienza di persone con problematiche diverse, di volontari e di giovani in servizio civile, accomunati dal desiderio di una migliore qualità della vita.

«Ogni famiglia – racconta Mauro, presidente di ACF – ha il suo appartamento, perché la comunità mette al centro la famiglia, che deve avere il proprio spazio per educare i figli e per esprimersi. Abbiamo poi anche degli spazi comuni, dove si svolgono attività condivise: ad esempio gestiamo insieme l'orto, la manutenzione dello stabile, la pulizia del bosco. Organizziamo incontri comuni, come la preparazione del Natale, iniziative come il torneo delle polente o il concerto jazz che abbiamo proposto questa estate. Sono attività che servono proprio a far vivere quei valori che ormai sembrano nascosti o scomparsi: l'accoglienza, cioè la disponibilità verso gli altri, e la gratuità».

ACF ha poi concesso alcune parti dell'edificio alla cooperativa sociale Nisida per un utilizzo parziale e non esclusivo degli spazi; un analogo accordo è stato in seguito stipulato con la cooperativa sociale La Quercia.

Nisida gestisce l'ostello, promuovendo il turismo sociale e dando ospitalità a gruppi, scuole, oratori, associazioni sportive, persone con disabilità, oltre che a turisti, studenti, insegnanti e lavoratori. La Quercia utilizza una grande cucina per la preparazione dei pasti destinati alle mense scolastiche di Chiavenna, inserendo al lavoro persone fragili.

Ne è nata una grande comunità, con diverse realtà presenti che sperimentano modalità concrete di aiuto reciproco e di condivisione di beni e spazi, offrendo servizi di accoglienza e sostegno a situazioni di bisogno del territorio.

In collaborazione con i servizi pubblici e con le organizzazioni caritative della Valchiavenna, vengono accolte anche famiglie di profughi e persone con difficoltà abitative. Si organizzano numerose iniziative di convivialità e di condivisione, oltre ad attività dedicate alle persone con disabilità, mettendo a disposizione spazi e attrezzature.

Oggi "Il Deserto" è una grande struttura immersa nel bosco, tra antichi muri che raccontano quasi un secolo di storia, ma soprattutto è una casa fatta di persone: famiglie, volontari, operatori e ospiti uniti da valori spesso dimenticati – accoglienza e solidarietà – che qui tornano a essere esperienza quotidiana, concreta e condivisa con l'intera comunità della Valchiavenna.