Storie di alpeggi

01.12.2022

L'idea è venuta ai volontari della biblioteca di Talamona coordinati dalla responsabile Giulia: una serata per raccontare la vita in alpeggio con la presenza dei caricatori talamonesi e l'assaggio finale delle loro produzioni casearie. 

 Ma le storie degli alpeggi non possono essere raccontante senza ricordare le latterie di paese, le strutture che hanno permesso di trasformare le produzioni casearie casalinghe in prodotti di qualità. 

Durante i mesi più freddi, generalmente da ottobre ad aprile, le vacche erano allevate nelle piccole stalle presenti in tutte le contrade dei paesi e il latte munto conferito alle latterie. Si aspettava la primavera, l'estate per transumare verso maggenghi e alpeggi, territori fertili di erba fresca e di fieno accantonato l'anno precedente. 

Lì, tra le vecchie mura dei locali costruiti più di 100 anni fa, ancora oggi il tempo sembra essersi fermato, i gesti del giovane casaro Samuele sono ancora quelli, la palla di burro modellata nello stampo, il taglio della cagliata con la lira... solo una zangola in luccicante acciaio che gira ci ricorda che siamo nel terzo millennio.

 Oggi I soci conferenti sono sei, il latte lavorato è quantificato in circa 3 quintali al giorno, ma come dice Il presidente Costante Ciaponi negli ultimi fotogrammi del filmato: "...e si va avanti finché si riesce..."

Dalla latteria verso gli alpeggi, con un altro filmato "il nonno, il bambino ... e il Bitto", una passeggiata in alpeggio con le parole di un nonno che racconta al nipote cosa è il lavoro in alpeggio, .

Domande ingenue da parte del bambino e risposte semplici ma chiare e complete da parte del nonno.                                                                                    

"Cosa è l'alpeggio?" chiede Marco.                                                                        "L'alpeggio è una grande prato ricco anche di fiori circondato da rocce illuminate dal sole, da piccole valli lontane dove c'è ancora la neve... vedrai sarà uno spettacolo."                                                                                                  "E le mucche stanno lì tutto l'anno?"                                                                      "No tesoro, qui d'inverno c'è tantissima neve, poi lentamente in primavera si scioglie e adagio adagio il prato si sveglia, l'erba comincia a crescere e così ai primi di giugno gli agricoltori possono portare qui il loro bestiame."                  "E perché portano  qui le mucche?"

"Perché anche le mucche vanno in vacanza... Qui possono respirare l'aria pura e frizzante della montagna e pascolare in questi prati ricchi di erba e fiori. E allora l'alpeggio ritorna a vivere. Dalla baita inizia ad uscire il fumo, le voci dei pastori e il tintinnio dei campanacci si diffondono per tutto il territorio. L'alpeggio diventa sempre più verde, arricchito da una splendida flora alpina dai mille colori. Le mucche iniziano a muoversi lentamente cercando i ciuffi d'erba più teneri, più preziosi, bevendo l'acqua pura delle sorgenti, nutrendosi della ricchezza di questi pascoli incontaminati. Tutta questa ricchezza passa poi nel latte che producono e così quando assaggi il Bitto senti subito il profumo del latte appena munto, dell'erba fresca, dei fiori di montagna, senti la dolcezza della panna, la morbidezza della pasta che si scioglie lentamente lasciandoti in bocca il sapore dell'alpeggio."

Dal filmato ad alcune letture da libro "GLI ALPEGGI DELLA VAL TARTANO  (1985) di Giovanni Bianchini. Alcune pagine lette da Milena e Giulia che ci portano ancora indietro nel tempo: il lavoro che inizia alla mattina alle quattro, la mungitura a mano delle vacche e delle capre, la giornata di pioggia, i lavori cadenzati dalla secchia battuta contro lo sgabello della mungitura, la presenza minorile, anzi infantile di cascin, la solita polenta, la paura, le preghiere, gli                                                                                                  scherzi ai cascin...

Ricordi vissuti per i meno giovani, stupore, meraviglia, incredulità per i più giovani.

In una serata così, non poteva mancare la presentazione del libro "IL TERRITORIO DELLA VAL TARTANO GEOGRAFIA UMANA DEGLI ALPEGGI", di Luciana Bianchini e Giorgio Spini. Un nuovo contributo per continuare a raccontare gli alpeggi attraverso fotografie anni '70 e '80 ma anche mappe, disegni, toponomastica dialettale, scritto con l'obiettivo di riconoscere il patrimonio ambientale che gli alpeggi hanno costituito e custodito nei secoli.

Dal passato al presente per alcuni dati sugli alpeggi della provincia di Sondrio.

E allora è giusto ricordare che raccontare gli alpeggi non significa solo raccontare una storia di tradizioni, di cultura alpestre, significa parlare di sostenibilità ambientale, di valorizzazione della biodiversità, di difesa idrogeologica, di utilizzazione di risorse rinnovabili, di eccellenze casearie, di attività poco energivore e da alcuni anni anche di importante risorsa turistica. 

 I dati  provinciali riguardanti gli alpeggi  dimostrano l'importanza delle gestione delle terre alte  per  le aziende agricole valtellinesi e soprattutto sfatano l'idea che gli alpeggi in Valtellina siano abbandonati. C'è semplicemente l'abbandono degli alpeggi più scomodi, non serviti da quelle infrastrutture necessarie per una minima adeguatezza gestionale, ma nello stesso tempo c'è una sempre più alta richiesta degli alpeggi più comodi. i

Il 50% delle vacche da latte allevate in provincia viene ancora caricato in alpeggio (le vacche monticate nel 2020 erano circa 7.000 su un patrimonio provinciale di 14.000, nel 1995 erano circa 7.000 su un patrimonio provinciale di 15.000, nel 1980 erano 10.000 su un patrimonio provinciale di 20.000).          C'è però un forte calo del personale impiegato, (1278 unità nel 1980, 995 nel 1995, e circa 500 unità negli ultimi anni) per la difficoltà di trovare personale 

disponibile, pur accompagnato da un'importante cambio generazionale che vede negli ultimi anni una massiccia presenza di giovani e soprattutto di donne sulle nostre terre alte. Il dato va però letto anche considerando i cambiamenti gestionali dell'alpeggio. Non più il caricatore che prende in "affitto" le vacche di tante piccole aziende, con il reclutamento di mano d'opera stagionale, ma aziende intere che si trasferiscono in alpeggio per due/tre mesi, con minor necessità di mano d'opera esterna e soprattutto con la presenza attiva e importante delle donne della famiglia.   

Un'imprenditorialità femminile spesso giovanile, che nasce dalla decisione di dedicarsi all'agricoltura per passione, per continuare il lavoro dei genitori o dei nonni. C'è la passione che fa dimenticare le difficoltà, che ti fa dimenticare l'isolamento sociale, le comodità della tua casa. Ma per le donne, per le aziende familiari che si traferiscono in toto, che svuotano l'azienda del fondo valle, significa anche trasferire le cure per i propri figli che spesso arrivano in alpeggio ancora piccolissimi con pochi mesi di vita, e allora vuol dire trasferire i pannolini, i biberon, il latte in polvere, il trovare i momenti per le coccole, seguirli nei primi passi, seguirli nei primi anni della loro vita.                                Donne mogli, madri, spesso anche figlie di genitori anziani, che magari hanno 

bisogno di attenzioni particolari ma che non vogliono rinunciare a passare l'estate in alpeggio. 

Per concludere la serata i formaggi e la voce degli agricoltori talamonesi che trasferiscono la loro azienda in alpeggio. Una voce pacata, che però ha evidenziato la necessità di essere più ascoltata soprattutto nella legittima richiesta di differenziare i contributi privilegiando le aziende che portano in alpeggio le vacche, quelle che utilizzano la turnazione dell'alpeggio, quelle che producono il formaggio due volte al giorno.                                                          Quei formaggi che qui, nella sala riunioni della biblioteca Ines Busnarda di Talamona, sono stati assaggiati e apprezzati dal folto pubblico. Formaggi a latte crudo, Bitto Dop. Grasso d'alpe, Storico Ribelle. Nessuna classifica, nessuna rivalità, solo il piacere di assaggiare con i produttori i loro formaggi, ascoltare i loro commenti, le loro storie. Il desiderio per i volontari della biblioteca di Talamona di organizzare un momento culturale diverso, far conoscere chi ancora perpetua la cultura dell'alpeggio e far capire cosa c'è dietro quel pezzettino di formaggio morbido che lentamente si scioglie in bocca: moto lavoro, fatica, isolamento... ma sicuramente tanta passione e amore per l'ambiente montano.


                                                     Produttori  e  formaggi d'alpeggio residenti a Talamona

Samuele Acquistapace (alpe Scermendone), Carlo Duca (alpe Ancogno), Samone Ravelli (Alpe Garzino), Alfio Sassella, (alpe Cavizzola), Alessandro Gusmeroli (alpe Groppera)  

P.S,

il filmato  " il nonno, il bambino... e il Bitto"  è visibile  cliccando su   il nonno, il bambino...e il Bitto